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  • COS’E’ L’ANALISI BIVA(BIOELETRICAL IMPEDANCE VECTOR ANALYSIS)? A COSA SERVE? COSA CI PERMETTE DI SAPERE E VALUTARE?

    COS’E’ L’ANALISI BIVA(BIOELETRICAL IMPEDANCE VECTOR ANALYSIS)? A COSA SERVE? COSA CI PERMETTE DI SAPERE E VALUTARE?

    L’analisi vettoriale di impedenza tramite monogramma Biavector offre uno schema interpretativo immediato circa lo stato idrico e nutrizionale del soggetto. Numerosi studi hanno dimostrato che non esistono metodiche in grado di valutare in maniera precisa i vari componenti corporei quali la % di massa magra, grassa, idratazione ecc. Grazie ad un grafico esclusivo Biavector, si riesce a valutare direttamente e SENZA ERRORI lo stato di idratazione, quantità e qualità delle cellule all’interno di ogni tessuto. Conoscere la propria composizione corporea non significa solo conoscere il proprio peso ma ci permette di vedere in modo analitico ed oggettivo da cosa questo nostro corpo è composto (muscolo, grasso, acqua) e come queste componenti cambiano nel tempo. Bisogna innanzitutto spiegare che si tratta di un esame non invasivo ma sicuro e semplice. Basta infatti applicare 4 elettrodi adesivi al soggetto disteso su un lettino. E’ talmente sicuro che questo esame può essere tranquillamente effettuato a neonati, donne in gravidanza, anziani, ecc. Ma quali sono gli obiettivi di un esame BIA? 1) Identificare lo stato reale della composizione corporea all’inizio di un percorso nutrizionale che non si limita al solo peso corporeo ma che valuta in maniera precisa la quantità e qualità di liquidi, cellule e grasso dei quali il corpo è composto. 2) Modificare la normale alimentazione, controllare o correggere errori alimentari o squilibri metabolici. 3) Controllare l’equilibrio idro-elettrolitico, che è la base di partenza per migliorare vitalità, tonicità e forza muscolare. 4) Coprire tutti i fabbisogni energetici e nutrizionali. Ma cosa si intende per composizione corporea? Sappiamo che il peso dato dalla nostra bilancia è un dato spesso fuorviante e questo perché il nostro organismo è caratterizzato da diversi distretti corporei come ad esempio la nostra massa MAGRA (acqua, massa cellulare ed extracellulare) e massa Grassa. Sono le proporzioni di questi distretti a determinare nel tempo il nostro grado di benessere, nonché il rischio di malattia. Quello che noi vediamo nella bilancia non è altro che un modello BICOMPARTIMENTALE e cioè un modello che si suddivide in massa grassa (FM) e massa magra (FFM). Ovviamente non possiamo accontentarci di questo modello in quanto non ci permetterebbe di indagare meglio sulle singole componenti. Per questo motivo entra in gioco un secondo modello detto appunto TRICOMPARTIMETALE in quanto composto da massa magra e grassa che a sua volta sono suddivise in massa cellulare (BCM) e massa extracellulare (ECM) permettendone così l’analisi quantitativa e qualitativa. Se volessimo fare un paragone potremmo dire che la massa cellulare corrisponde al “motore” della nostra macchina, mentre la massa extracellulare il nostro telaio. All’interno di questo esame possiamo stimare anche il nostro METABOLISMO BASALE che unito al conteggio dell’attività lavorativa e sportiva porterà al calcolo del dispendio energetico giornaliero totale. Il test fornirà inoltre indicazioni precise sulla massa muscolare scheletrica ed appendicolare, sulla ritenzione idrica, sulla qualità delle membrane cellulari. Ulteriori parametri forniti saranno “nutrigam e hydragram”, angolo di fase standardizzato, indice di qualità muscolare, scambio sodio/potassio. 

    Tutti questi valori risulteranno decisamente utili per chi vorrà indagare sull’adeguatezza del proprio stile di vita alimentare e si dimostrerà indispensabile ed estremamente prezioso sia per lo sportivo che potrà valutare la qualità degli allenamenti, l’adeguata intensità e volume, rischi di sovrallenamento ma anche l’adeguato apporto energetico o carenze alimentari…che per il paziente affetto da patologie che potrà indagare gravità, concause ed indici prognostici nel decorso della malattia. Il primo esame ,quindi, ci darà un’istantanea sullo stato di salute, nutrizione ed idratazione dell’organismo, uno stato stazionario, ma ripetuto nel tempo ad intervalli più o meno regolari permette di tracciare le variazioni, ovvero l’evoluzione dello stato nutrizionale che naturalmente rispecchia lo stato di salute, con effetti preventivi annessi. Concludiamo affermando che l’analisi BIVA ha anche un valore prognostico e supportato da letteratura scientifica per Patologie renali e dialisi, Cancro, Hiv, Sclerosi amiotrofica laterale, Anoressia nervosa, Stato nutrizionale nel bambino e nell’anziano, Riabilitazione.

  • RACCOMANADAZIONI NUTRIZIONALI PER IL NATURAL BODYBUILDER

    RACCOMANADAZIONI NUTRIZIONALI PER IL NATURAL BODYBUILDER

    Nell’attività agonistica di un bodybuilder, gli atleti vengono giudicati in base ad alcuni fondamentali parametri quali la dimensione del muscolo, l’assenza di grasso corporeo, la proporzione fra i muscoli ecc. Per ottenere tutto questo, gli atleti devono perdere massa grassa attraverso specifici regimi alimentari cercando di mantenere il più possibile la massa magra (LBM). Un bodybuilder può essere pronto per una competizione quando riesce a mettere in pratica una combinazione di eventi tra i quali l’esercizio cardiovascolare, restrizione calorica,integrazione, e altre varie strategie che gli permetteranno di raggiungere l’obiettivo prefissato. Di solito, i culturisti si preparano per una gara seguendo diete scritte di proprio pugno o dagli allenatori e spesso sono composte da regimi restrittivi e ripetitivi con l’unico scopo di fornire quantità specifiche di carboidrati, proteine e grassi. Si sa che ogni kg di grasso corporeo puro che viene ossidato rilascia 3500 kcal per cui per poter perdere 1 kg di grasso corporeo a settimana bisogna perdere 500 kcal al giorno. Per questo motivo la perdita di grasso corporeo dovrebbe avvenire in tempi non ristretti. Quando diminuisce la disponibilità di t. adiposo aumenta la probabilità di perdita di massa magra. Pertanto, potrebbe essere necessario un approccio più graduale per quel che concerne la perdita di peso per evitare nello stesso tempo una perdita di massa magra (LBM). Durante il periodo di preparazione alla gara è necessario un consumo adeguato di proteine. Maestu et al. hanno evidenziato come l’assunzione di una giusta quantità di proteine possa diminuire la perdita di muscolo. Diversi studi sono stati effettuati per suggerire un giusto quantitativo proteico come quello effettuato da Philips et Van Loon che indicano un apporto proteico fino a 2,7 gr/kg/die per atleti che si trovano in condizioni ipocaloriche. Tuttavia, Helms et al. suggeriscono un intervallo di assunzione proteica più esteso. Gli autori, inoltre, affermano che più basso è il contenuto di grasso corporeo di un atleta, maggiore deve essere il deficit calorico e pertanto anche l’assunzione di proteine deve essere altrettanto grande. Quali sono in definitiva le percentuali dei vari macronutrienti negli atleti che concorrono per una gara natural? Per quel che riguarda i Carboidrati, le raccomandazioni in gr vanno fino ad un massimo di 7 gr/kg/die di massa magra. E’ stato visto come 10 min di esercizio isometrico al 20% della contrazione massima volontaria per 10 sec, con intervalli di 10 sec, possono esaurire in maniera importante il glicogeno muscolare delle fibre di tipo 1: un adeguato apporto di carboidrati durante la preparazione alla gara per mantenere il glicogeno muscolare, risulta essere fondamentale e tenuto fortemente in considerazione dal natural bodybuilder. Le diete povere di carboidrati contribuiscono si ad una perdita di peso ma possono causare anche una sproporzionata perdita di massa magra. Un esempio di ciò che è stato appena menzionato deriva da uno studio di Robinson et al. in cui a seguito di una dieta povera di carboidrati, gli atleti hanno perso il 43% della loro massa magra. Al contrario diete ad alto contenuto di carboidrati ha fatto si che gli atleti perdessero una minore percentuale di massa magra corrispondente cioè al 21-32%. Evidentemente si pensa che potrebbe esserci una soglia per l’assunzione dei carboidrati al di la della quale c’è un maggior tasso di perdita di LBM indipendentemente dall’assunzione di proteine o allenamento. In conclusione possiamo affermare che diete ad alto contenuto di carboidrati sono generalmente considerate essenziali per le prestazioni atletiche. Ovviamente, come per le proteine, l’assunzione di carboidrati deve essere personalizzato per l’individuo. Carboidrati inadeguati possono compromettere l’allenamento di forza mentre un consumo adeguato può ridurre l’esaurimento del glicogeno e può quindi migliorare le prestazioni. Mentre si sa che l’allenamento e l’attività di resistenza utilizza glicogeno come principale fonte energetica, per gli atleti di forza la % di carboidrati è minore rispetto agli atleti di sport misti e di resistenza a causa di un minor dispendio energetico. A causa di ciò molti studi, come già detto, sono concordi nell’affermare che la concentrazione di carboidrati per gli atleti di forza deve andare da 4 a 7 gr/kg a seconda della fase di allenamento. Per i bodybuilder che si preparano alla gara non converrebbe andare oltre queste percentuali. In un confronto tra due diete ipocaloriche nei bodybuilder si è dimostrato come una dieta con adeguati carboidrati a scapito delle proteine (1gr/Kg) ha comportato una maggiore perdita di LBM rispetto ad una dieta in cui la % di proteine era superiore (1,6 gr/kg). In un altro recente studio condotto su atleti, è stato dimostrato come i professionisti che hanno assunto la stessa quantità di proteine (1,6 gr/kg) e adeguati carboidrati durante la fase ipocalorica, la massa magra e le prestazioni atletiche non hanno subito diminuzioni, mentre il grasso corporeo si è ridotto. Addirittura Mettler et al. hanno visto che una riduzione calorica a scapito dei grassi,con carboidrati adeguati e un maggior apporto di proteine, non solo ha mantenuto le prestazioni ma ha anche quasi eliminato la perdita di massa magra. Possiamo affermare quindi, che quando un professionista bodybuilder ha raggiunto o quasi il livello di magrezza desiderato, potrebbe ridurre il suo deficit calorico aumentando i carboidrati e riducendo magari le sue calorie di 100-200 kcal nel tentativo di mantenere non solo le sue prestazioni quanto la sua massa magra. Per quanto riguarda le proteine l’assunzione raccomandata è quella che ci porta ad un max di 3,5 gr/kg/die. Le diete ad alto contenuto proteico sono note per far risparmiare LBM durante periodi di deficit energetico, per mantenere l’equilibrio dell’azoto e per stimolare la sintesi proteica (MPS). Le proteine sono considerate macronutrienti sazianti e con il più grande effetto termogenico tra i vari macronutrienti. Circa il 20-30% dell’energia netta viene consumata attraverso termogenesi indotta dalla digestione delle proteine; infatti, questo ulteriore effetto termico può contribuire ad una ulteriore perdita di peso. Allo scopo di massimizzare la risposta anabolica bisogna evitare di fare mangiate ravvicinate; in pratica significherebbe consumare almeno 30-40 gr di proteine di alta qualità per pasto. Una recente recensione di Phillips e Van Loon raccomanda di consumare il proprio fabbisogno proteico giornaliero nel corso di 3-4 pasti isonitrogenici al giorno al fine di massimizzare la risposta anabolica acuta per pasto e quindi il tasso di guadagno muscolare. Circa 3 gr di Leucina per pasto, servono a saturare la via di segnalazione di mTOR e innescare sintesi proteica. Se i carboidrati servono per alimentare le prestazioni e le proteine per costruire il muscolo, i Grassi devono essere mantenuti entro una certa soglia. Tuttavia ci sono prove e studi in cui il grasso nelle diete influenza la concentrazione degli ormoni anabolici di grande interesse per i bodybuilder che tentano di mantenere la massa magra attraverso la dieta. Infatti una riduzione dei grassi, da un 40 a un 20% ha portato ad una riduzione dei livelli di testosterone. Tuttavia, il calo di questo ormone può essere attenuato attraverso l’assunzione nella dieta di una maggiore concentrazione di grassi saturi. Altri studi hanno invece affermato che un calo di testosterone non inficia la riduzione della LBM. Si è visto anche che la diminuzione di testosterone è legata maggiormente al deficit calorico e alla perdita di peso piuttosto che al calo del testosterone dovuto ad una diminuzione di grasso ingerito attraverso la dieta. Non per caso disturbi ormonali come l’Amenorrea atletica, è dovuta ai bassi se non bassissimi livelli energetici giornalieri. Nonostante ci siano studi convincenti sulla utilizzazione di grassi compresi fra il 20 e il 30% per ottimizzare i livelli di testosterone nei bodybuilder/atleti di forza, in alcuni casi questa percentuale potrebbe non essere veritiera in un contesto di restrizione calorica senza compromettere una sufficiente quantità di proteine e carboidrati. Considerando che le diete low carb diminuiscono le prestazioni e portano ad una diminuzione di Insulina e IGF-1 (ormoni che sembrano essere correlati alla conservazione della massa magra rispetto al testosterone), è stato ritenuto importante per gli atleti mantenere più alti i carboidrati e portare la percentuale dei grassi al 15-20%.

  • GLUTAMMINA, STRESS METABOLICO E SISTEMA IMMUNITARIO

    GLUTAMMINA, STRESS METABOLICO E SISTEMA IMMUNITARIO

    La Glutammina è l’amminoacido più abbondante sia nel muscolo che nel plasma, tanto da rappresentare il 50-60% degli amminoacidi totali liberi nel pool del muscolo scheletrico. Per questo motivo, e soprattutto per le sue innumerevoli ed indispensabili funzioni, viene definito come un AMMINOACIDO CONDIZIONATAMENTE ESSENZIALE. Una di queste funzioni è quella di detossificare l’organismo dalla presenza dell’ammoniaca (altamente tossica) formata sia dalla degradazione di alcune proteine presenti a livello intestinale, sia dal metabolismo proteico tessutale sia, come vedremo, dalla deamminazione di altri composti azotati come l’Adenina. La glutammina viene sintetizzata dall’amminoacido glutammato, grazie all’azione della glutammina sintasi, enzima che catalizza il trasporto dell’ammonio al glutammato con idrolisi di una molecola di ATP. Gli organi maggiormente produttori di glutammina sono il Cervello (a causa dell’effetto tossico dell’ammoniaca sulle cellule nervose), i Reni (la glutammina, in condizioni di acidosi metabolica, cede i suoi due gruppi azotati trasformandosi prima in glutammato e poi in alfa chetoglutarato e producendo ammoniaca escreta con le urine), il Muscolo Scheletrico (a partire dagli amminoacidi ramificati) e probabilmente anche il Tessuto Adiposo. Gli organi di maggior consumo, invece, sono il fegato (ciclo dell’urea), l’intestino (formazione di Purine) e le cellule del sistema immunitario. A livello clinico la glutammina viene utilizzata in tutti quei casi di aumentato fabbisogno come sepsi, traumatismo grave e nelle quali esiste un gran movimento cellulare di questo amminoacido dalle sue riserve muscolari. Il deposito più importante di glutammina è il muscolo scheletrico (tessuto che dispone dell’enzima glutamminasi). Gli effetti dell’esercizio sul metabolismo della glutammina ancora non sono ben chiari. Esistono studi che dimostrano un aumento di glutammina plasmatica durante esercizi di alta intensità, altri – come quelli dimostrati da Rennie et al. – che smentiscono i precedenti risultati dimostrando invece una diminuzione sia durante che dopo un esercizio prolungato. Ancora, Parry-Billings et al. indicano una riduzione dei livelli di glutammina nel plasma da 592 micromol./L (pre-competizione) a 495 micromol./L (post competizione), quando si realizza una maratona. La maggioranza dei ricercatori segnalano una diminuzione plasmatica della glutammina quando si realizza un allenamento intenso e prolungato nel tempo. E’ noto che l’esercizio prolungato causa un aumento del cortisolo nel plasma che stimola il catabolismo muscolare, la liberazione di glutammina e la gluconeogenesi. Questo potrebbe spiegare l’abbassamento in concentrazione nel plasma di questo amminoacido osservato sia durante che dopo l’esercizio prolungato ed intenso. Infatti, sappiamo, che quando il glicogeno epatico e muscolare scarseggia, aumenta la gluconeogenesi epatica, che può determinare una riduzione importante di questo amminoacido. Cosa può comportare un abbassamento della glutammina plasmatica? Poiché la glutammina ha un effetto benefico sul sistema immunitario e poiché l’attività fisica intensa influisce direttamente sulla disponibilità di glutammina per i leucociti, gli atleti inclusi in programmi di intenso allenamento paiono essere più suscettibili alle infezioni. D’altra parta però è noto che esercizi di intensità moderata sono benefici per la funzione immunitaria. In molti studi è stato dimostrato che quando l’attività fisica supera il 70% del VO2max ha un’influenza negativa sul sistema immunitario. Inoltre la composizione plasmatica dei linfociti si modifica in base all’intensità dell’attività fisica. Si riducono anche la sintesi degli anticorpi e la concentrazione plasmatica delle immunoglobuline di tipo G. Blaninin et al. dimostrarono cambiamenti del numero di leucociti nell’esercizio in funzione dell’intensità dello stesso. Anche la funzione dei neutrofili si riduce durante il recupero di un’attività svolta al 70% della Vo2max. Tuttavia l’eziologia e i meccanismi dell’immunosoppressione nello sport non sono completamente conosciuti. La glutammina, quindi, anche se non rappresenta un amminoacido essenziale in quanto prodotto dal nostro organismo, è necessario a molte funzioni immunitarie cosi come la proliferazione dei linfociti e la fagocitosi dei macrofagi. Studi effettuati da Parry-Billings hanno dimostrato come una pratica sportiva regolare ma ad intensità elevata, sia responsabile di una riduzione della concentrazione di glutammina, fatto che contribuirebbe a spiegare gli effetti negativi sul sistema immunitario. Varie sono state le ipotesi inerenti ad una possibile spiegazione di questo abbassamento. La riduzione dei livelli plasmatici di glutammina può essere spiegata attraverso una maggiore richiesta dell’organismo oppure può essere causata da una alterata produzione e/o alterazione del trasporto. Un’altra causa, come già spiegato in precedenza, potrebbe essere l’aumento di cortisolo nel plasma dovuto ad un’attività intensa e prolungata nel tempo. Questo ormone di conseguenza andrebbe ad attivare il meccanismo della gluconeogenesi con catabolismo del muscolo scheletrico e liberazione di glutammina che verrà successivamente trasformata in glucosio epatico. In definitiva possiamo concludere che la glutammina è un amminoacido che agisce sul sistema immunitario e abbonda nel muscolo scheletrico. Il deficit di questo amminoacido può provocare la riduzione delle difese immunitarie nell’atleta. A conferma di ciò, studi epidemiologici sull’incidenza delle comuni infezioni in atleti e soggetti che non praticano sport alcuno, hanno dimostrato una maggiore suscettibilità alle infezioni in atleti che si allenano molto duramente e intensamente in sport di resistenza. Gli atleti inclusi in programmi di intenso allenamento paiono essere più suscettibili alle infezioni. Infatti la glutammina è un amminoacido utilizzato da tutte le cellule con elevata proliferazione cellulare come i Fibroblasti, Linfociti e cellule dell’Epitelio Intestinale, attraverso il suo ruolo nella sintesi dei nucleotidi. Le cellule della mucosa intestinale utilizzano spesso la glutammina sia per effettuare la sintesi proteica ma anche come substrato energetico. Le ragioni dalla somministrazione della glutammina nei pazienti oncologici sono controverse. Se da un lato possono promuovere la crescita tumorale, dall’altro producono effetti benefici come il mantenimento della massa muscolare, il miglioramento del sistema immunitario e l’ottimizzazione della funzionalità digerente. Concludiamo dicendo che una supplementazione con glutammina può essere giustificata in circostanze di stress metabolico e puo’ essere indicata anche in pazienti oncologici.

  • EFFETTI DEGLI AMMINOACIDI RAMIFICATI SUL RENDIMENTO SPORTIVO

    EFFETTI DEGLI AMMINOACIDI RAMIFICATI SUL RENDIMENTO SPORTIVO

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    Cosa sono gli amminoacidi ramificati o BCAA? I ramificati sono degli aa essenziali (amminoacidi che non possono essere prodotti dal nostro organismo, ma assunti solo tramite dieta) e sono rappresentati dalla Leucina, Isoleucina e Valina. Poiché a differenza degli altri essenziali non possono essere degradati nel fegato (la concentrazione nel tessuto epatico degli enzimi responsabili della loro degradazione è molto bassa), questi AAR vengono veicolati nei tessuti extra-epatici e in maniera particolare nel muscolo scheletrico. Qui possono essere ossidati almeno 6 amminoacidi: Alanina, Aspartato, Leucina, Valina, Isoleucina e Glutammato. L’ossidazione completa di una mole di leucina, isoleucina e valina produce rispettivamente 43, 42 e 32 moli di ATP. E’ stato anche stimato che gli amminoacidi possono contribuire tra un 3 ed un 18% al totale della spesa energetica richiesta da un esercizio prolungato. L’alanina è l’unico amminoacido che viene liberato dal muscolo sia in condizione di riposo che durante l’attività fisica; il suo destino principale è quello di essere fonte di glucosio nel fegato. All’interno del muscolo scheletrico, infatti, gli AAR trasferiscono il loro gruppo amminico sia al Piruvato che per due volte all’ Alfa-Chetoglutarato per formare rispettivamente sia Alanina che Glutammina. Entrambi gli aa rappresentano il 60-80% degli aa muscolari. Esaminando il flusso degli aa tra i vari tessuti, si osserva come gli aa ramificati vengano catturati dal fegato e come durante l’attività fisica questo effetto sia potenziato, notando come la loro concentrazione non aumenta né nel plasma e né nel muscolo. Ciò suggerisce come quest’ultimo sia il responsabile della clearance ematica e della loro successiva ossidazione. La presenza di questi AAR risulta essere molto importante, e quando la loro quantità con la dieta risulta essere insufficiente, la stessa BIOSINTESI PROTEICA risulta alterata con conseguente aumento della degradazione delle proteine. Questa degradazione fa sì che il contenuto proteico dell’organismo diminuisce, dettando così una diminuzione della forza o della resistenza, fenomeni che potrebbero ripercuotersi anche nella salute. Gli studi effettuati sugli effetti di una supplementazione con AAR è meno chiara e controversa. Esistono studi che dimostrano una riduzione della concentrazione di lattato nel sangue e nel muscolo dopo l’ingestione di amminoacidi ramificati ma, viceversa, esistono altri studi che smentiscono un tale effetto come quello portato avanti da Vukovich et al. i quali hanno concluso che l’ingestione di aa ramificati, glutammina e L-carnitina a basse dosi per 7 giorni, non migliorava né l’attività fisica né riduceva l’accumulo di lattato nel sangue. Nemmeno la somministrazione di BCAA durante l’allenamento , per 6 settimane, mostra grandi miglioramenti sia per gli allenamenti di resistenza prolungata, che per gli sprint. Studi recenti in doppio cieco con infusione da 20 a 70 min prima di un test al cicloergometro, non hanno evidenziato alcun effetto. Inoltre dosi molto elevate di BCAA possono incrementare i livelli di ammoniaca e produrre effetti tossici o alterare l’assorbimento intestinale di acqua. Infine, esiste il rischio in via del tutto ipotetica che aumenti in eccesso il rapporto tra AAR ed amminoacidi aromatici, con alterazione nella sintesi dei neurotrasmettitori. In conclusione, possiamo affermare che non è stato ancora dimostrato che la supplementazione con amminoacidi ramificati migliori il rendimento.

  • ALIMENTAZIONE VEGETARIANA E SPORT

    ALIMENTAZIONE VEGETARIANA E SPORT

    L’American Dietetic Association del 2009, afferma che le diete vegetariane correttamente bilanciate sono salutari, adeguate da un punto di vista nutrizionale in ogni epoca della vita e anche per gli atleti; inoltre danno notevoli benefici sia per la salute che per la prevenzione di numerose patologie.Lo stile vegano e quello latto-ovo-vegetariano sono quelli più frequentemente adottati: i vegani consumano esclusivamente alimenti vegetali per coprire il loro fabbisogno energetico-nutrizionale, mentre i latto-ovo-vegetariani vi accostano consumi di uova, latte e derivati. Studi condotti in tutto il mondo e pubblicati in letteratura medico-scientifica internazionale hanno preso in considerazione gli aspetti più critici per i vegetariani in relazione al rischio nutrizionale: fra questi troviamo l’adeguatezza dell’apporto energetico, la copertura dei fabbisogni di ferro, calcio, zinco e ,per i vegani, della vitamina B12. I risultati ottenuti hanno dimostrato che sebbene i vegetariani assumano un elevata quantità’ di fibra che ostacola l’assorbimento dei principi alimentari, la copertura del fabbisogno energetico è comunque assicurata tramite sia un maggior numero di pasti che dalla maggiore quantità di cibi ad elevata densità nutrizionale. Anche le necessità proteiche sono soddisfatte e forniscono tutti gli amminoacidi essenziali necessari, a patto che venga soddisfatto il fabbisogno energetico al fine di migliorare lo stato di salute degli atleti. L’aumentata assunzione di legumi e cereali ad alto contenuto di fitati limita nei vegetariani disponibilità e assorbimento del ferro , con possibili ricadute sul livello di emoglobina e conseguentemente sulla performance dell’atleta. Tuttavia, una recente metanalisi condotta su 15 studi che hanno indagato concentrazione e depositi di Ferro in vegetariani e onnivori non ha evidenziato differenze significative fai due gruppi in esame. La minore disponibilità di ferro a partire da fonti vegetali raccomanda, per i vegetariani, di rispettare quantità di assunzione di ferro pari a 1,8 volte quelle dei non-vegetariani. Nei vegani i consumi e gli introiti di Calcio tendono ad essere più bassi e spesso al di sotto delle quantità raccomandate. Invece, l’assunzione di Calcio nei Latto-ovo vegetariani risulta essere comparabile o addirittura superiore a quelli dei non vegetariani. Il rapporto calcio/proteine della dieta, più che la sola assunzione di calcio, è predittivo dello stato di salute dell’osso: tale rapporto risulta elevato nelle diete latto-ovo-vegetariane, favorendo una adeguata mineralizzazione ossea. La vitamina B12, non è presente nei cibi vegetali se non in minima quantità, in alcune alghe, che tuttavia contengono analoghi inattivi e potenzialmente dotati di un antagonismo di azione con la vitamina B12 vera. Per questo motivo ai vegani è consigliato di assumere, attraverso l’utilizzo di integratori vitaminici o cibi addizionali, tale vitamina. Al contrario i latto-ovo-vegetariani sono in grado di ricavare adeguate quantità di vitamina B12 a partire da latte, uova e derivati, ma questo dipende dalle quantità assunte.

  • INTEGRAZIONE E SPORT

    INTEGRAZIONE E SPORT

    VITAMINA “E” E SPORT

    Anche se recenti studi dimostrano che la vitamina E ha un effetto limitato come aiuto ergogenico, in individui allenati è stato invece dimostrato che suddetta vitamina ha effetti benefici sulla funzione fisica quando l’atleta si sta allenando in quota. Recenti studi “Simon-Schnass e Past”  hanno evidenziato come la vitamina E mostra alcuni effetti ergogenici in condizioni di bassa pressione parziale di ossigeno (p02); l’effetto sembra essere dovuto alla sua attività antiossidante. Tuttavia tutti questi studi sono stati effettuati senza prendere in considerazione la reale concentrazione della vitamina E nei soggetti partecipanti. Questo è un elemento importante dato che le assunzioni di grassi in questi atleti è basso (prediligendo diete a base di carboidrati). Ricordiamoci che la vitamina E è una vitamina liposolubile e che il suo assorbimento in queste condizioni è basso. Nonostante questo, l’attenzione sulla vitamina E si sposta sulla sua funzione antiossidante. L’esercizio aumenta i livelli di catecolammine e la produzione di acido lattico, genera un elevato livello di ossidazione dell’emoglobina, l’ipossia transitoria e la riossigenazione che si generano nei muscoli e nelle articolazioni durante l’attività fisica, generano in maniera acuta una grande quantità di radicali liberi amplificato dall’attivazione dei Macrofagi che, da una parte cercano di riparare il tessuto muscolare danneggiato durante e dopo l’esercizio, dall’altro  aumentano questa condizione di stress ossidativo. Vi sono evidenze che mostrano come l’azione dei radicali liberi sul muscolo scheletrico siano alquanto negativi. La vitamina E protegge la muscolatura dalle tipiche lesioni che si generano durante l’esercizio intenso e prolungato. Ma quando si verificano le lesioni ossidative in oggetto? Ciò avviene quando lo stress ossidativo supera il sistema di difesa costituito dagli Antiossidanti (superossido-dismutasi, catalasi, glutatione-perossidasi oltre appunto le Vitamine antiossidanti). I radicali liberi possono danneggiare tutte le componenti del corpo umano, comprese le proteine, acidi nucleici, e lipidi. La perossidazione lipidica,inoltre, è legata ad alcune malattie degenerative. Alcuni di questi studi furono effettuati da Lovlin et al. in cui venne valutata la relazione fra l’esercizio intenso e la perossidazione lipidica. Negli sport di resistenza come per esempio il TRIATHLON, la formazione di radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno sono molto elevate. Altri studi hanno esaminato l’efficacia della vitamina E durante l’esercizio fisico intenso. Kawai et al. hanno segnalato il significativo aumento dei livelli sierici di alfa-tocoferolo ed eritrociti dopo una gara di triathlon. La vitamina E si trova naturalmente nei semi (soia,arachide,mais), oli vegetali (olio di germe di grano, olio di girasole) e verdure verdi (insalate,spinaci,cavolo). Si ipotizza che l’alfa tocoferolo venga rilasciato dal tessuto adiposo e dal fegato durante l’esercizio fisico prolungato. Anche durante l’esecuzione di esercizi di breve durata vi è una mobilitazione di vitamina E nel sangue. E’ possibile che il rilascio di vitamina E nel sangue sia un effetto di prevenzione del nostro corpo al danno ossidativo indotto dall’esercizio fisico. Altro effetto importante di suddetta vitamina, è la riduzione del rischio di malattie coronarie data dall’ossidazione delle lipoproteine LDL a bassa densita’ da parte dei radicali liberi formati in eccesso durante l’attivita’. Quesada et al. hanno studiato l’effetto di una attività fisica intensa e prolungata notando una produzione elevata di radicali liberi e ROS con conseguenze sfavorevoli sul metabolismo delle LDL. Ciononostante  le LDL si ossidano in maniera minore negli atleti ben allenati che nei sedentari. Inoltre si è osservato che gli atleti presentano maggiori quantità di alfa tocoferolo nel plasma. A questo punto possiamo capire come la SOMMINISTRAZIONE DI VITAMINA E serva per ridurre anche l’ossidazione delle LDL e prevenire la produzione di LDL OSSIDATE durante la pratica sportiva. In conclusione possiamo affermare che bisogna stabilire una giusta integrazione e quantita’ minima di vitamina E per prevenire  non solo l’ossidazione delle LDL ma anche  eventuali danni nei confronti degli acidi nucleici e delle proteine.