Autore: Dr. Antonio La Porta

  • COMPETIZIONI DI ENDURANCE E TIMING DEGLI ALIMENTI

    Jogging and running are healthy fitness recreations

    Le competizioni di endurance sono caratterizzate da un elevato impegno cardiovascolare che implica allenamenti di volume ed intensità elevate. Dopotutto, è bene differenziare gli atleti di resistenza da quelli di ultra resistenza. I primi sono rappresentati da un range di durata che va da pochi minuti e le 4 ore mentre i secondi atleti, sono coinvolti in prestazioni continue che superano le 4 ore. Esempi di discipline che fanno parte degli sport di resistenza sono le specialità di fondo (nuoto dagli 800 mt in su, l’atletica leggera che può comprendere il mezzofondo, la marcia, la corsa di fondo, lo sci di fondo ecc.). Da un punto di vista biomeccanico ed energetico si contraddistinguono per la resistenza muscolare e cardiorespiratoria, sostenute entrambe dal metabolismo aerobico, ossigeno dipendente. Rispetto agli atleti di potenza la moneta energetica ATP è prodotta in maniera lenta con velocità sostenute dagli atleti di resistenza che risultano essere più basse rispetto gli atleti di potenza. Con allenamenti adeguati questo sistema energetico ossigeno dipendente può migliorare il tasso di produzione di ATP e quindi la potenza aerobica. Gli atleti d’élite di resistenza, infatti, si caratterizzano per questa notevole potenza aerobica tale da resistere ad attività ad alta intensità per ore arrivando a spendere anche 110-125 kcal per kg di peso corporeo al giorno. Diventa, per questo motivo, fondamentale non solo l’intake energetico, ma anche la distribuzione dei nutrienti e il timing di consumo. Il piano nutrizionale diventa essenziale non solo per il successo atletico, ma in primo luogo per la salute e quindi per evitare l’insorgere di sintomatologie come la fatica cronica, la disidratazione, l’immunosoppressione ma anche un maggiore rischio di infortuni e/o la perdita di massa magra. Sono discipline il cui dispendio energetico aumenta in misura proporzionale alla durata e alla intensità del lavoro affrontato. Grazie ai vari allenamenti di resistenza (utilizzati per migliorare la performance) che sono molto diversi tra loro, si può migliorare la capacità dell’atleta di sostenere a lungo un impegno motorio intenso senza determinare nessun calo a livello prestativo. Non è pensabile prepararsi ad un evento sportivo senza precedentemente aver programmato l’alimentazione da seguire prima, durante e dopo. Prima e durante la competizione, la quantità di CHO introdotta è individualizzata e programmata nel tentativo di promuovere le prestazioni massimali. I carboidrati in questo, devono essere considerati non solo come semplice carburante, ma anche come veri e propri modulatori nella risposta all’organismo all’allenamento. Essi sono fondamentali perché permettono di innescare il metabolismo degli acidi grassi oltre ad essere importanti modulatori. Se durante una competizione o un allenamento ad alta intensità i depositi di glicogeno muscolare vengono meno, l’atleta sperimenta la fatica da carenza di substrato con notevole decadimento della prestazione anche in relazione al ruolo del glucosio nel normale funzionamento del S.N.C. Nonostante sia noto che negli sport di resistenza il consumo dei carboidrati possa prevenire la fatica, la realtà è che molti atleti si allenano o competono in condizioni di deplezione del glicogeno con conseguente riduzione della performance. Importante sarà il Timing pre-allenamento. Attualmente le linee guida ci danno un range molto ampio da 1 a 4 ore. Il timing dipende principalmente dalla quantità di carboidrati e proteine consumate e dalla tolleranza individuale dell’atleta. Una volta stabilita la quantità ottimale per ogni singolo atleta, si potrà sperimentare il timing in maniera da individuare il tempo necessario all’atleta per digerire bene il pasto, riducendo i disturbi gastrointestinali, ma senza far insorgere la sensazione di fame prima dell’evento. Durante l’attività è invece molto più pratico e realistico considerare il piano alimentare sulla base delle esigenze dei fluidi, elettroliti e carboidrati più che al bilancio energetico. Questo perché dopo 2-4 ore di attività i depositi di glicogeno del corpo sono esauriti, per cui diventa fondamentale il recupero di CHO. L’ultima fase prende in considerazione il periodo in cui l’allenamento termina. La necessità più importante sarà quella di ripristinare le riserve di glicogeno epatico e muscolare il più velocemente possibile, in modo da permettere un più adeguato recupero e mantenere alto il livello degli allenamenti o delle prestazioni successive. Infatti il ritardo riguardante l’assunzione dei carboidrati, comporterà un più prolungato tempo di recupero e un peggioramento delle prestazioni future. Molti studi evidenziano come dovranno essere assunti CHO ad alto indice glicemico consumati entro 30 min successivi al termine dell’esercizio, aumentando le scorte di glicogeno rispetto ad una loro ritardata assunzione.

  • Il Ruolo della Caffeina nell’atleta agonista e non. Effetti Ergogenici nello Sport

    La caffeina è un Alcaloide appartenente alla famiglia delle metilxantine ed è utilizzata dagli atleti, anche molto giovani, e può essere assunta in forme diverse (capsule, bevande, cioccolato ma anche attraverso iniezione sottocutanea o intramuscolare o come supposte). E’ una sostanza che non è considerata dopante ed è stata inclusa nel programma di controllo 2006. La caffeina viene assorbita nel tratto gastrointestinale e la sua biodisponibilità è del 100%. Dopo essere stata assunta richiede dai 15 ai 120 min per essere assorbita e la sua concentrazione plasmatica massima varia nel singolo individuo. Viene metabolizzata nel fegato principalmente, e vengono generati diversi metaboliti quali la paraxantina (la più importante), la teofillina e teobromina anche se in piccole quantità. La maggior parte del metabolismo della caffeina avviene nel fegato ma, anche se in piccola parte, viene metabolizzata anche da cervello e reni. Ma quali sono i suoi meccanismi d’azione? La caffeina svolge diverse funzioni come l’aumento delle catecolammine e del cortisolo, riduce i livelli extracellulari del potassio, aumenta i livelli di calcio e attiva il sistema nervoso centrale oltre che aumentare la ventilazione e le funzioni antiossidanti. Questi meccanismi d’azione sono la causa delle sue proprietà ergogeniche. Pasman et al. hanno mostrato che durante l’esecuzione di esercizi di lunga durata la caffeina limita le deplezioni di glicogeno aumentando di conseguenza le performance dell’atleta. La caffeina ha anche la capacità di ritardare la fatica come rilevato da Nehlig e Debry. La funzione di questa sostanza è quella di bloccare i recettori dell’adenosina presenti sulla superficie delle cellule e questi recettori già identificati sono quelli A1, A2 e A3. Proprio il recettore A1 inibisce la lipolisi e attiva i canali del potassio mentre l’attivazione del recettore A2 inibisce l’infiammazione e il rilascio della dopamina nello “striato”. La caffeina, la teobromina e la teofillina sono antagonisti dei recettori A1 e A2. Come sappiamo l’adenosina endogena aumenta significativamente in cellule e tessuti quando la richiesta di energia è superiore a quella fornita. L’esercizio fisico causa questo squilibrio e di conseguenza quando i livelli di ATP cellulare diminuiscono, aumentano i livelli di adenosina e l’attivazione dei suoi recettori. In generale, quindi, le azioni della caffeina sono in opposizione a quelle dell’adenosina e possono essere maggiori dove i livelli di adenosina sono particolarmente elevati. Gli acidi grassi liberi presenti in circolo, sono una fonte energetica importante alternativa al glucosio e in grado di ritardare l’esaurimento del glicogeno immagazzinato nel corpo. In presenza della caffeina si favorisce il consumo di questi grassi grazie al fatto che questa sostanza inibisce il legame dell’adenosina ai suoi recettori che a sua volta sono in grado di bloccare la lipolisi (in presenza di caffeina l’adenosina non si lega ai suoi recettori). L’effetto della caffeina sul glicogeno depositato sono già presenti durante i primi 15 minuti di attività di resistenza. E’ per questo che viene favorita la lipolisi riducendo ancora di più l’ossidazione dei carboidrati. Mclntosc et al. hanno dimostrato che la somministrazione di caffeina migliora l’attività nell’esercizio fisico prolungato. Jackman et al. hanno trovato che questa sostanza migliora anche il lavoro di alta intensità e breve durata. Diversi autori, hanno valutato gli effetti della caffeina a diversi dosaggi dimostrando l’esistenza di un aumento di acidi grassi liberi nel plasma e del glicerolo. Gli alti livelli di calcio intracellulare facilitano l’eccitazione del muscolo scheletrico. La caffeina inibisce gli effetti inibitori dell’attivazione dell’adenosina A1 nei canali di calcio delle cellule neuronali e miocardiche e può influenzare indirettamente i livelli di calcio intracellulare mediante la stimolazione della liberazione dell’epinefrina e cortisolo. I definitiva, la caffeina può aumentare i livelli di calcio intracellulare nel muscolo scheletrico, facilitando eccitazione-contrazione ed incrementando l’efficienza della contrazione muscolare. L’uso più comune di caffeina è legato alla sua capacità di stimolare il sistema nervoso ed aumentare la vigilanza. Queste azioni sono importanti nello sport. E’ stato osservato che la caffeina riduce i livelli di percezione dello sforzo compiuto che si traduce come sensazione di minor fatica degli atleti, consentendo un lavoro maggiore. A livello del sistema neurotrasmettitore/neuromodulatore, la caffeina blocca l’attività dell’adenosina nel SNC. In questo modo, attraverso il blocco dei recettori dell’adenosina, la caffeina aumenta la liberazione di neurotrasmettitori e incrementa l’eccitabilità neuronale. I neurotrasmettitori più legati all’azione della caffeina includono la dopamina, il GABA e la serotonina. Quest’ultima è un neurotrasmettitore che può essere un importante elemento per l’affaticamento degli atleti; la caffeina può ridurre i segnali della serotonina ed eliminare il senso di affaticamento aumentando amminoacidi ramificati e diminuendo il triptofano. Si è anche dimostrato che la caffeina è un importante antiossidante e che può provocare un significativo aumento del flusso sanguigno al cuore, poiché dilata le coronarie che forniscono sangue al muscolo cardiaco e simultaneamente costringe le arteriole cerebrali. Gli studi degli ultimi anni dimostrano che l’assunzione di caffeina aumenta in modo significativo le prestazioni atletiche durante l’esercizio prolungato. Non esiste invece una chiara evidenza del ruolo di questa sostanza in esercizi intensi di breve durata. L’uso cronico di caffeina, però, può determinare diversi sintomi che includono: mal di testa, stanchezza e riduzione di forza, un livello maggiore di ansia, nausea e vomito. La caffeina può aumentare la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna sistolica in persone normali o moderatamente ipertese. inoltre, la caffeina e la teofillina possono diminuire il flusso ematico miocardico durante l’esercizio fisico. Pertanto, l’effetto negativo della caffeina sul sistema cardiovascolare si può manifestare nel corso di esercizio fisico molto intenso. E’ nota l’azione diuretica della caffeina ma è poco chiaro il meccanismo che lo determina, in particolare durante l’esercizio. in condizioni normali la caffeina aumenta la produzione di urina. Durante la pratica sportiva, però, la caffeina non aumenta la produzione di urina e questo può essere dovuto al rilascio di renina che aumenta i livelli di angiotensina 2. La caffeina inoltre, può dare anche effetti negativi sul lavoro dello sportivo a causa dei suoi effetti su eritropoietina e creatina. La caffeina può bloccare la produzione di eritropoietina e può interagire con gli effetti ergogenici della creatina. Entrambe queste azioni possono essere controproducenti per l’allenamento degli atleti. Vandenberghe et al. studiando gli effetti della supplementazione di creatina e caffeina, hanno osservato che gli effetti prodotti dalla creatina per quel che concerne l’aumento della forza negli esercizi di intensità intermedia, erano annullati quando venivano somministrate entrambe le sostanze. Infine, per quanto riguarda il dosaggio, possiamo dire che l’assunzione cronica di caffeina riduce la sensibilità alla stessa ma basta un periodo di 4 giorni di astinenza per recuperare la risposta. La quantità di caffè che può essere assunta senza superare il limite legale è molto elevata, oltre 6 tazze un ora prima dell’esercizio. Dosi superiori a 9mg/kg non si devono usare perché le concentrazioni plasmatiche possono raggiungere livelli tossici e possono portare la comparsa di effetti secondari come problemi gastrointestinali, insonnia, irritabilità, aritmie e allucinazioni.

  • LA CREATINA COME AIUTO ERGOGENICO NELLO SPORTIVO

    Young man on a velodrome

    La creatina è in composto naturale, una molecola non considerata essenziale dal nostro organismo in quanto autonomamente sintetizzata dal fegato, dal pancreas e dai reni a partire da tre amminoacidi che sono Arginina, Metionina e Glicina. Oltre alla sintesi endogena, la creatina la possiamo ritrovare in carne e pesce ma anche in altri prodotti animali, mentre la ritroviamo in piccole quantità nelle verdure. Da questo possiamo capire come vegetariani e vegani ne abbiano in minore quantità. Nel muscolo scheletrico troviamo la maggiore concentrazione di creatina (95%) sia in forma libera che in forma fosforilata o Fosfocreatina. Altri tessuti che contengono significative quantità di creatina sono cuore, spermatozoi, retina e cervello. Ciò significa che la creatina viene sintetizzata dagli organi produttori per arrivare ai siti di utilizzo. Le concentrazioni di creatina e fosfocreatina sono correlate con la capacità glicolitica del muscolo scheletrico; le fibre di tipo 2a e 2b hanno concentrazioni superiori rispetto alle fibre di tipo 1. La creatina è una sostanza comunemente utilizzata dagli atleti di varie specialità e il meccanismo con il quale la creatina esplica i suoi effetti ergogenici è quello di aumentare la concentrazione di creatina e fosfocreatina nel muscolo con una conseguente maggiore resintesi di ATP, ritardata insorgenza della fatica e miglioramento dei carichi di lavoro ad alta intensità. La creatina ha anche svariati ruoli inerenti la funzione BUFFER (tampone), ma la piu’ importante rimane il ripristino dell’ATP nel meccanismo anaerobico alatticida. Ciò perché la fosfocreatina svolge un ruolo importantissimo nel metabolismo energetico durante la contrazione del muscolo scheletrico, l’esercizio e il recupero. E’ responsabile in parte della resintesi di adenosina trifosfato (ATP) da adenosina difosfato (ADP) durante esercizi di massimo sforzo e breve durata. La quantità di fosfocreatina nell’esecuzione della contrazione muscolare è stata considerata come un fattore limitante negli esercizi brevi e sopramassimali, in quanto la capacità di sintesi di ATP e la produzione di energia sono notevolmente ridotte quando le riserve di fosfocreatina sono ridotte ad un certo livello. L’ATP è fondamentale nella rigenerazione della forza per cui maggiore concentrazione di ATP si traduce in maggiore forza e resistenza. E’ efficace in palestra, nel nuoto, nel calcio, negli sprinter e nelle brevissime distanze ma anche in altri tipi di sport. Recenti studi hanno dimostrato che l’assunzione orale di 20 gr di creatina monoidrato al giorno accompagnato da un esercizio submassimale aumenta in concentrazione totale tra il 20 e il 50% all’interno del muscolo. Recentemente è stato dimostrato che questo aumento di creatina è dovuto all’aumento della sensibilità all’insulina prodotta dall’esercizio e che la ritenzione di creatina nel corpo durante la somministrazione aumenta quando viene accompagnata dall’ingestione di carboidrati. Circa il 20-30% del totale della creatina immagazzinata nel muscolo sta sotto forma di Fosfocreatina.. Quello che si è notato, inoltre, è che la concentrazione totale di creatina aumenta in maniera inversamente proporzionale alla concentrazione iniziale di creatina totale. In questo modo dopo un carico iniziale di creatina si può mantenere una dose di 2g/die. Anche se alcuni ricercatori non sono stati in grado di dimostrare una stimolazione della creatina sulla sintesi proteica, è stato invece dimostrato e stabilito da altri, che la creatina produce un aumento di peso. Questo è dovuto non solo alla ritenzione idrica intramuscolare ma si pensa, appunto, che possa essere dovuto al fatto che la creatina stimoli la sintesi proteica, riduca il diametro delle fibre di tipo 2 e la massa grassa. L’aumento della massa corporea dopo somministrazione con creatina è stata osservata soltanto dopo 5 giorni, periodo che sembra essere breve per indurre ipertrofia muscolare, considerando il fatto che la crescita muscolare è un processo relativamente lento. Ragionando in questo modo sembra più logico pensare all’aumento di peso come l’aumento di ritenzione idrica all’interno del muscolo; ipotesi avvalorata dal fatto che recenti studi hanno trovato una diminuzione del volume di urina. Inoltre è stato visto come la creatina agisca a livello del gene della MIOSTATINA, che di norma blocca la sintesi proteica e quindi la crescita muscolare. Se la creatina blocca la miostatina ecco che ci sarà ipertrofia muscolare. Si pensa anche, che la creatina porti ad un incremento di IGF-1 che come sappiamo stimola la sintesi proteica e sembra diminuire la catabolizzazione del muscolo scheletrico (che sappiamo accentuarsi soprattutto nei periodi di restrizione calorica) per cui è facile pensare che quando dobbiamo perdere peso la creatina ci possa aiutare a non perdere massa muscolare. L’assunzione e assimilazione di creatina insieme a pasti ricchi di carboidrati e proteine risulta essere superiore alla creatina assunta singolarmente, da sola. La creatina non agisce nell’immediato per cui potrebbe essere utile assumerla o pre-workout insieme ai carboidrati o nel post-workout. Assumere questo composto nel cronico e quindi nel lungo periodo non reca danno almeno che non vengano assunte alte concentrazioni. Ci sono persone che non rispondono alla creatina e vengono definite NON-RESPONDER e cioè soggetti che già di per sé mangiano, per esempio, quantitativi di carne molto elevata. E’ implicata, inoltre, in alcuni fenomeni connessi con l’anti-aging ossia fenomeni riguardanti l’invecchiamento e la perdita di massa muscolare e cioè la SARCOPENIA.. Altri ruoli e benefici sono quelli legati alla memoria, all’attenzione e anche alla Depressione maggiore. Svolge un ruolo antiossidante a livello cerebrale difendendo le strutture lipidiche e proteiche del cervello; si è visto infatti essere importante per tutti quei soggetti a rischio ICTUS, in quanto quest’ultimo produce sostanze pro-ossidanti che verrebbero appunto tamponate dalla creatina diminuendo gli effetti negativi che questi radicali e ROS produrrebbero sui lipidi e proteine di tutte le cellule cerebrali. Ritornando alla parte sportiva diversi studi hanno dimostrato che la creatina puo’ aumentare il lavoro e ritardare la fatica muscolare durante carichi ripetuti di esercizio ad alta intensità e di breve durata in individui sedentari o moderatamente attivi. E’ stato inoltre riportato che durante carichi ad alta intensità per 6 sec e un carico di elevata intensità per 10 sec preceduti da cinque cariche di 6 sec nei ciclisti, la creatina consente di mantenere meglio il lavoro richiesto. Si può concludere quindi che la somministrazione orale di creatina può essere considerata un aiuto ergogenico in attività che richiedono carichi ripetuti ad alta intensità e di breve durata come per gli SPRINTER. Questo effetto può essere spiegato dalla maggiore concentrazione di creatina e fosfocreatina nel muscolo prima dell’esercizio con facilitazione della rifosforilazione dell’ADP in ATP.. Per sport di resistenza, invece, secondo i risultati di diversi studi, la somministrazione di creatina non migliora la pratica sportiva né modifica la risposta metabolica. Per concludere affermiamo anche che la somministrazione di carboidrati in combinazione con creatina sembra aumentare l’incorporazione di creatina nel muscolo scheletrico, mentre la combinazione di creatina con caffeina può avere effetti negativi per quanto riguarda l’ergogenicità della creatina.

  • GLI OMEGA-3 E 6: “RUOLO FISIOLOGICO DEGLI GLI ACIDI GRASSI ESSENZIALI”

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    PRIMA DI PARLARE DEL RUOLO SVOLTO DA QUESTE PREZIOSE MOLECOLE IN CAMPO SPORTIVO PENSO SIA UTILE FARE DELLE PREMESSE RIGUARDO LE LORO PRINCIPALI FUNZIONI A LIVELLO DELLE MEMBRANE CELLULARI. GLI ACIDI GRASSI, SPECIALMENTE GLI INSATURI (ACIDI GRASSI CARATTERIZZATI DALLA PRESENZA DI VARI DOPPI LEGAMI FRA GLI ATOMI DI CARBONIO PRESENTI NELLA STRUTTURA), SVOLGONO UNA SERIE DI FUNZIONI FISICO-CHIMICHE A LIVELLO DELLA MEMBRANA CELLULARE DOVE COESISTONO SIA FOSFOLIPIDI CHE COLESTEROLO E PROTEINE. PREMESSO CHE QUESTE ULTIME HANNO FUNZIONI DI RICONOSCIMENTO CELLULARE, TRASMISSIONE DEI MESSAGGI, TRASPORTO DI NUTRIENTI E METABOLITI E DIVERSE ATTIVITA’ ENZIMATICHE E CHE IL COLESTEROLO TENDE A RENDERE LE MEMBRANE PIU’ RIGIDE DIMINUENDO LA POSSIBILITA’ DI MOVIMENTO DELLE PROTEINE, IL GRADO DI FLUIDITA’ DELLE MEMBRANE DIPENDE SOPRATTUTTO DALLA NATURA DEGLI ACIDI GRASSI CHE COSTITUISCONO I FOSFOLIPIDI, SPECIALMENTE DAL LORO GRADO DI INSATURAZIONE. CIO’ SIGNIFICA CHE MAGGIORE E’ L’INSATURAZIONE PIU’ FLUIDA RISULTERA’ LA MEMBRANA CON UN MAGGIORE MOVIMENTO DELLE PROTEINE PRESENTI E MAGGIORE PERMEABILITA’.. DI CONTRO, PERO’, IL GRADO DI INSATURAZIONE E’ COLLEGATO AD UNA MAGGIORE POSSIBILITA’ DI ESSERE OSSIDATI, DANNEGGIATI, INFLUENZANDO GRAVEMENTE L’INTEGRITA’ DELLA MEMBRANA E LE SUE CONSEGUENTI FUNZIONI. GRAZIE AD UN PROCESSO DI DESATURAZIONE ED ALLUNGAMENTO (DESATURASI ED ELONGASI) DELLA CATENA DI QUESTI ACIDI GRASSI ESSENZIALI (AC. LINOLEICO OMEGA 6; AC. LINOLENICO OMEGA 3) SI DANNO ORIGINE AD ACIDI GRASSI A 20 ATOMI DI CARBONIO CHIAMATI EICOSATRIENOICO, EICOSATETRAENOICO O ACIDO ARACHIDONICO (OMEGA-6) ED EICOSAPENTAENOICO (OMEGA-3). E’ DA QUESTI CHE HANNO ORIGINE I COMPOSTI AD ELEVATA ATTIVITA’ BIOLOGICA DETTI EICOSANOIDI DELLA SERIE 1,2 E 3. GLI ENZIMI NECESSARI A QUESTI PROCESSI DI DESATURAZIONE E ALLUNGAMENTO SONO DI ORIGINE EPATICA, MA NE ESISTONO ANCHE NELL’INTESTINO E NELLA GHIANDOLA MAMMARIA IN ATTIVITA’ E NELLA PLACENTA. IN PARTICOLARE L’ENZIMA DELTA-6 DESATURASI PUO’ ESSERE INSUFFICIENTE ALLA NASCITA E SPECIALMENTE NEI NEONATI PREMATURI MENTRE OGNI ELONGASI O DESATURASI HA MAGGIORE AFFINITA’ PER GLI ACIDI GRASSI A MAGGIORE GRADO DI INSATURAZIONE E CIOE’ PER LA SERIE OMEGA-3. QUESTO EFFETTO VIENE COMUNQUE CONTROBILANCIATO DALLA MAGGIORE QUANTITA’ DI ACIDI GRASSI OMEGA-6 CHE SI TROVANO NEL NOSTRO TIPO DI DIETA. LA FORMAZIONE DEGLI EICOSANOIDI (PROSTAGLANDINE, TROMBOSSANO E PROSTACICLINE) DERIVANO DALL’ATTIVITA’ DELLE CICLOOSSIGENASI MENTRE I LEUCOTRIENI VENGONO GENERATI DALL’AZIONE DELLE DIVERSE LIPOOSSIGENASI. DA NOTARE CHE LA FORMAZIONE DI QUESTI EICOSANOIDI DERIVA DAGLI ACIDI GRASSI LIBERATI DAI FOSFOLIPIDI DI MEMBRANA DI CUI COSTITUISCONO LA STRUTTURA AD OPERA DI ENZIMI CHIAMATI FOSFOLIPASI CHE ,DI SOLITO, SONO SOGGETTE A REGOLAZIONE. UNA VOLTA LIBERATI, GLI ACIDI GRASSI SONO TRASFORMATI IN EICOSANOIDI PER AZIONE, COME DETTO, DELLE CICLOOSSIGENASI E LIPOOSSIGENASI. ANCHE IN QUESTO CASO, QUESTI ENZIMI SONO PRIVI DI SPECIFICITA’ PER CUI E’ OVVIO CHE CI SIA CONCORRENZA TRA I VARI SUBSTRATI PER LA FORMAZIONE DEGLI EICOSANOIDI. L’ASSUNZIONE ELEVATA DI ACIDI GRASSI DELLA SERIE OMEGA-3 NON SOLO AUMENTA LA FORMAZIONE DI EICOSANOIDI DELLA SERIE 3 MA DIMINUISCE DI CONSEGUENZA LA PRODUZIONE DI PROSTAGLANDINE E LEUCOTRIENI DERIVATI DALL’ACIDO ARACHIDONICO (SERIE 6). GLI EICOSANOIDI HANNO DELLE CARATTERISTICHE COME QUELLE DI AGIRE NELLE VICINANZE DELLE CELLULE CHE LI PRODUCONO (MECCANISMO PARACRINO) E NELLE STESSE CELLULE PRODUTTRICI. LA VITA MEDIA DEGLI EICOSANOIDI E’ PIUTTOSTO BREVE E UNA VOLTA PORTATO A TERMINE IL LORO COMPITO SI DEGRADANO FACILMENTE. INFINE LE PROSTAGLANDINE SI TROVANO PRATICAMENTE IN TUTTI I TESSUTI MENTRE I TROMBOSSANI SONO PRODOTTI DALLE PIASTRINE, LE PROSTACICLINE DALL’ENDOTELIO ARTERIOSO E I LEUCOTRIENI HANNO ORIGINE LEUCOCITARIA. LE FUNZIONI DEGLI EICOSANOIDI SONO MOLTO DIVERSE COME VEDREMO A BREVISSIMO. COME DETTO, NEI PREMATURI E NEI NEONATI LA BASSA ATTIVITA’ DELLA DELTA-6 DESATURASI PUO’ COMPROMETTERE LA FORMAZIONE DEGLI ACIDI GRASSI POLIINSATURI IMPORTANTISSIMI PER LO SVILUPPO DEL LORO SISTEMA NERVOSO ED E’ PER QUESTO CHE L’UNICO MODO PER EVITARE LA MANCATA FORMAZIONE DI QUESTI ULTIMI E’ L’ALIMENTAZIONE CON LATTE MATERNO CHE NE RISULTA RICCO. AL CONTRARIO UNA MANCATA ALIMENTAZIONE CON LATTE MATERNO NE DETERMINA UNA CARENZA IN QUANTO I VARI PREPARATI CONTENGONO I LORO PRECURSORI (ACIDO OLEICO, LINOLEICO ED ALFA-LINOLENICO) CHE NON POSSONO ESSERE TRASFORMATI A CAUSA, COME DETTO, DELLA BASSA ATTIVITA’ DELLA DESATURASI NEI NEONATI. UNA DIMINUZIONE DELLA DELTA-6 DESATURASI SI RISCONTRA ANCHE NEGLI ANZIANI PER CUI E’ RACCOMANDABILE DURANTE LA SENESCENZA AUMENTARE LA CONCENTRAZIONE DI QUESTI ACIDI GRASSI A 20 ATOMI DI CARBONIO E QUINDI AUMENTARE L’INGESTIONE DI OMEGA 3 (PRESENTE PER ESEMPIO NEL PESCE). E’ IMPORTANTE RICORDARE CHE IL DESTINO PREFERENZIALE DEGLI ACIDI GRASSI POLIINSATURI DELLA DIETA NON E’ QUELLO DI ESSERE OSSIDATI MA DI COMPORRE LE MEMBRANE CELLULARI SVOLGENDO I LORO IMPORTANTISSIMI RUOLI. A QUESTO PUNTO E’ FACILE CAPIRE CHE LA PREVALENZA NEL NOSTRO ORGANISMO DI EICOSANOIDI DELLA SERIE 1,2 E 3 DIPENDE DALLA NOSTRA ALIMENTAZIONE E QUINDI DA QUANTI E QUALI ACIDI GRASSI INSATURI INGERIAMO. SE PER ESEMPIO ABBIAMO UNA DIETA RICCA IN OMEGA 6 (ACIDO LINOLEICO) NELLE MEMBRANE TROVEREMO UNA MAGGIORE CONCENTRAZIONE DI ACIDI GRASSI POLIINSATURI DELLA SERIE 6 (EICOSATRIENOICO ED EICOSATETRAENOICO O AC. ARACHIDONICO); SE AL CONTRARIO LA NOSTRA ALIMENTAZIONE SI BASA SULL’INGESTIONE DI OMEGA-3 (ACIDO LINOLENICO) AVREMO UN PREDOMINIO DEGLI ACIDI GRASSI POLIINSATURI DELLA SERIE-3 (EICOSAPENTAENOICO) E LA FORMAZIONE DI EICOSANOIDI DELLA SERIE 3 DERIVATI DALL’ACIDO EICOSAPENTAENOICO (EPA). NELLA MAGGIOR PARTE DELLE SITUAZIONI LE COSE NON SONO POI COSI’ SEMPLICI. SE RICORDIAMO, INFATTI, DESATURASI ED ELONGASI HANNO UNA MAGGIORE PREFERENZA PER GLI ACIDI GRASSI PIU’ INSATURI E CIOE’ PER LA SERIE 3. LE DIETE OCCIDENTALI PERO’ SONO RICCHE DI ACIDO LINOLEICO (SERIE6)…IN QUESTI CASI SI AVRA’ SEMPRE UN BUON FUNZIONAMENTO DELLA VIA DI FORMAZIONE DELL’ACIDO ARACHIDONICO (AC. EICOSATETRAENOICO) E DEI SUOI DERIVATI EICOSANOIDI POICHE’ LA MAGGIORE PREFERENZA DELLE DESATURASI PER LA SERIE OMEGA 3 E’ CONTRASTATA DALL’IMPONENTE CONCENTRAZIONE SOMMINISTRATA DI ACIDO LINOLEICO (SERIE 6) PROPRIA DELLE DIETE OCCIDENTALI. I GRASSI ASSUNTI ATTRAVERSO LA DIETA, QUINDI, DEVONO PERMETTERE UNA ESPRESSIONE ADEGUATA DI OGNUNA E NON LA PREDOMINANZA DI ALCUNI CON IL CONSEGUENTE ANNULLAMENTO DI ALTRI. INOLTRE LE DIETE RICCHE DI ACIDI GRASSI INSATURI E MONOINSATURI PORTANO ALLA FORMAZIONE DI MEMBRANE MOLTO SUSCETTIBILI ALL’OSSIDAZIONE COME MENZIONATO SOPRA. L’OSSIDAZIONE HA LUOGO A LIVELLO DEI DOPPI LEGAMI DEGLI ACIDI GRASSI DEI FOSFOLIPIDI A CAUSA DELLA PRESENZA DI RADICALI LIBERI E ROS (SPECIE REATTIVE DELL’OSSIGENO). QUESTI PROCESSI DI OSSIDAZIONE PORTERANNO AD UNA ALTERAZIONE DELLA STRUTTURA E FUNZIONE DELLE MEMBRANE. QUANDO PARLIAMO DI MEMBRANE NON DOBBIAMO CONSIDERARE SOLO QUELLA PLASMATICA MA ANCHE QUELLA DEGLI ORGANELLI COME I MITOCONDRI. RICORDIAMO ANCHE CHE LE LIPOPROTEINE PLASMATICHE (LDL,IDL,CHILOMICRONI ECC) SONO CARATTERIZZATE DA UNA MEMBRANA DOVE QUESTI FOSFOLIPIDI SONO PRESENTI. QUINDI LA SUSCETTIBILITA’ ALL’OSSIDAZIONE DI QUESTI ACIDI GRASSI ASSUME UNA IMPORTANZA SPECIALE NELLA GENESI DI NUMEROSE PATOLOGIE CRONICHE COME L’ATEROSCLEROSI O IL PROCESSO DI INVECCHIAMENTO. MA QUALI SONO LE FUNZIONI PRINCIPALI ANCHE IN CAMPO SPORTIVO DEGLI EFA (ACIDI GRASSI ESSENZIALI)? NEL 1929 DRES.GEORGE E MILDRED BURR, SCOPRIRONO CHE QUESTI COMPOSTI,COME LE VITAMINE, DEVONO ESSERE PRESENTI NELLA DIETA IN QUANTO IL NOSTRO ORGANISMO NON E’ CAPACE DI PRODURLI. COME LE VITAMINE, IL DEFICIT DI QUESTI AC. GRASSI PUO’ COMPORTARE GRAVI MALATTIE E PROBLEMI METABOLICI. VI SONO DUE GRUPPI DI ACIDI GRASSI ESSENZIALI: QUELLI DELLA SERIE OMEGA-6 (AC. LINOLEICO) CHE SONO I PIU’ RAPPRESENTATI E QUELLI DELL’ AC. ALFA LINOLENICO DETTI ANCHE OMEGA-3 CHE VENGONO INTENSAMENTE STUDIATI PER IL LORO RUOLO PROTETTIVO SULLA FUNZIONE CARDIOVASCOLARE E CEREBRALE. DALL’ACIDO LINOLEICO DERIVANO L’ACIDO EICOSATRIENOICO CHE DA ORIGINE ALLA SERIE 1 DELLE PROSTAGLANDINE (PGE-1) E L’ACIDO ARACHIDONICO (EICOSATETRAENOICO) CHE DA ORIGINE ALLA SERIE 2 DELLE PROSTAGLANDINE (PGE2) CHE IN GENERALE HA EFFETTI PIU’ AGGRESSIVI NEL PROCESSO INFIAMMATORIO. L’ ACIDO EICOSAPENTAENOICO (EPA) DERIVA DALL’ACIDO LINOLENICO E DA LUOGO ALLA SERIE 3 (PGE3) CHE COME PGE1 PRESENTANO PROPRIETA’ BENEFICHE PER L’ORGANISMO. PGE1 INFATTI, SVOLGE INNUMEREVOLI RUOLI DEGNI DI ESSERE DESCRITTI: REGOLA LA PRODUZIONE SALIVARE E LACRIMALE, ATTIVA I LINFOCITI T PROTETTIVI E AUMENTA LE DIFESE IMMUNITARIE, COMBATTE LA DEPRESSIONE E LO STRESS, FAVORISCE LA CONDUZIONE ATTRAVERSO I NEURONI, INIBISCE LA TROMBOSI ED HA UN EFFETTO VASODILATATORE, STIMOLA LA PRODUZIONE DI AMP CICLICO E PERTANTO INIBISCE LA SINTESI DEL COLESTEROLO, AMMORBIDISCE LA PELLE E CONTROLLA L’ECCESSIVA SECREZIONE DI GRASSO, INDURISCE LE UNGHIA ED EVITA LA COMPARSA DI RUGHE. A LIVELLO DEL SISTEMA RIPRODUTTIVO FAVORISCE LA LIBIDO, REGOLA GLI EFFETTI DEGLI ESTROGENI, IL PROGESTERONE E LA PROLATTINA NELLA FASE LUTEINICA DEL CICLO MESTRUALE, REGOLA IL CICLO ORMONALE DELL’UOMO E DELLA DONNA. PER QUANTO RIGUARDA IL METABOLISMO E IL DIABETE POSSIAMO DIRE CHE PGE1 HA AZIONI SIMILI A QUELLE DELL’INSULINA E POTENZIA I SUOI EFFETTI NEI DIABETICI, PROTEGGE L’ANOMALA PROLIFERAZIONE DELLE CELLULE. PER FINIRE HA ANCHE UN EFFETTO ANTIINFIAMMATORIO INIBENDO LA SINTESI DELLE SOSTANZE INFIAMMATORIE, BLOCCA LA LIBERAZIONE DI ENZIMI LISOSOMIALI RESPONSABILI DELLA MAGGIOR PARTE DEI DANNI CAUSATI DURANTE LA RISPOSTA INFIAMMATORIA E PER ULTIMO COMBATTE I DOLORI CRONICI DELL’ARTRITE. EPA E ACIDO DOCOSAESAENOICO (DHA) COMPETONO CON L’ACIDO ARACHIDONICO RENDENDO MENO AGGRESSIVO IL PROCESSO INFIAMMATORIO. LE FUNZIONI DEGLI EFA SONO MOLTE E POSSIAMO RICORDARE COME GLI EFA OMEGA-6 SONO ASSOCIATI NEL MANTENERE L’INTEGRITA’ DELL’ IMPERMEABILITA’ DELLA CUTE MENTRE ALCUNE FUNZIONI DEGLI EFA OMEGA-3 SONO QUELLE DI AUMENTARE LA CAPACITA’ DI APPRENDIMENTO, DELL’ACUITA’ VISIVA E DELL’AUMENTO DELLA CAPACITA’ RIPRODUTTIVA (SI TROVANO NELLE MEMBRANE DEI TESSUTI NERVOSI,SPERMA,TESTICOLO,RETINA). IN GENERALE VARIE SONO LE FUNZIONI CHE POSSIAMO RICONOSCERE AGLI EFA: 1) FORNISCONO ENERGIA ATTRAVERSO LA BETA-OSSIDAZIONE 2) INFLUENZANO IL PESO CORPOREO IN QUANTO IL LORO METABOLISMO RICHIEDE UNA MAGGIORE ENERGIA ESPULSA SOTTO FORMA DI CALORE 3) SONO NECESSARI (IN MANIERA PARTICOLARE L’ACIDO ARACHIDONICO E IL DHA) PER IL MANTENIMENTO DELLE STRUTTURE CELLULARI E PER LA NORMALE FUNZIONE DEI TESSUTI 4) IL SISTEMA NERVOSO E’ RICCO DI DERIVATI DELLA SERIE 3. 5) IL RINNOVO DEI PUFA PUO’ AVVENIRE IN TRE MODI: O PER NUOVA SINTESI ATTRAVERSO I MICROSOMI, O PER RIMODELLAMENTO DEI FOSFOLIPIDI DELLE MEMBRANE SOTTO L’INFLUENZA DELLE FOSFOLIPASI OPPURE A PARTIRE DAI FOSFOLIPIDI DEL PLASMA. 6) L’ACIDO ARACHIDONICO E’ IL MAGGIOR COSTITUENTE DEI FOSFOLIPIDI E DEGLI ESTERI DEL COLESTEROLO TISSUTALE 7) NELLE MEMBRANE CELLULARI GLI ACIDI GRASSI POLIINSATURI DELLA SERIE 3 E 6 SONO INCORPORATI IN POSIZIONE 2 DEI GLICEROFOSFOLIPIDI E IL COLESTEROLO QUI PRESENTE E’ ESTERIFICATO DA QUESTI ACIDI GRASSI 8) LA PRESENZA DEGLI ACIDI GRASSI POLIINSATURI A 20 ATOMI DI CARBONIO PRESENTI NELLE MEMBRANE MITOCONDRIALI CONDIZIONA LA FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA E QUINDI LA PRODUZIONE DI ENERGIA 9) LA LORO PRESENZA CONDIZIONA IL LEGAME DELLE AMINE BIOGENE AI LORO RECETTORI E CONDIZIONA I FENOMENI IMMUNITARI 10) SVOLGONO UN RUOLO IMPORTANTE SULL’ATTIVITA’ DEGLI ENZIMI ASSOCIATI ALLE MEMBRANE 11) VENGONO RILASCIATI DAI FOSFOLIPIDI DELLE STRUTTURE CELLULARI SOTTO L’AZIONE DI FOSFOLIPASI IN PARTICOLARE LA FOSFOLIPASI A2. LA DEFICIENZA DEGLI EFA, QUINDI ,PUO’ PORTARE AD UNA SERIE DI PATOLOGIE LEGATE ALLA PELLE, SISTEMA NERVOSO E IMMUNITARIO, ALL’INFIAMMAZIONE, ALTERAZIONE SISTEMA ENDOCRINO, EPATICHE, DEL SISTEMA RESPIRATORIO E DEL SISTEMA RIPRODUTTIVO. GLI ACIDI GRASSI ESSENZIALI SONO STRETTAMENTE CORRELATI AL MOVIMENTO DEL COLESTEROLO NELL’ORGANISMO. GLI OMEGA-6:

    I PRODOTTI DELL ACIDO ARACHIDONICO (AA) SONO PRESENTI IN ABBONDANZA DOVE C’E’ QUALCHE FORMA DI INFIAMMAZIONE. PER LA FORMAZIONE DI QUESTI PRODOTTI L’AA VIENE LIBERATO DAI DEPOSITI DELLA MEMBRANA CONVERTENDOSI IN AA LIBERO. E’ ALLORA CHE QUESTO COMPOSTO PUO’ TRASFORMARSI IN LEUCOTRIENI E PROSTAGLANDINE (PGE2). L’ACIDO ACETILSALICILICO (ASPIRINA) E ALTRI FANS, INIBISCONO L’INFIAMMAZIONE INIBENDO L’ENZIMA CICLOOSSIGENASI MA NON INIBISCONO LA LIPOOSSIGENASI FAVORENDO LA PRODUZIONE DI LEUCOTRIENI CHE SONO IMPORTANTI NELLE REAZIONI DI IPERSENSIBILITA’ CAUSANDO UN AGGRAVAMENTO DI QUESTI PROCESSI ( QUESTO SEMBRA IL MECCANISMO CHE SPIEGA L’ASMA INDOTTO DALL’ASPIRINA). GLI STEROIDI A DIFFERENZA DELL’ACIDO ACETILSALICILICO E AI FANS RISULTANO ESSERE PIU’ POTENTI PERCHE’ BLOCCANO IL RILASCIO DI AA DALLA MEMBRANA INIBENDO DI CONSEGUENZA LA FORMAZIONE SIA DI PROSTAGLANDINE CHE DI LEUCOTRIENI SPEGNENDO QUINDI L’INFIAMMAZIONE. L’ACIDO EICOSATRIENOICO,INVECE, PRODUCE UNA PROSTAGLANDINA (PGE1) CHE HA UNA AZIONE SIMILE A QUELLA STEROIDEA E CIOE’ BLOCCA LA LIBERAZIONE DI AA. CIO’ SUGGERISCE CHE ESISTA UNA REGOLAZIONE NEGATIVA TRA ACIDO EICOSATRIENOICO E AA E CHE DUNQUE UNA INIBIZIONE DELL’ AA SI POSSA MANTENERE TENENDO ADEGUATE QUANTITA’ DI QUESTO COMPOSTO. DALL’ACIDO ARACHIDONICO SI DA ORIGINE ANCHE AL TROMBOSSANO A2 PRODOTTO DALLE PIASTRINE (MA ANCHE DA ALTRI TESSUTI) E ALLE PROSTAGLANDINE PGE2,PGH2,PGD2 E PROSTACICLINE (PGI2) DALLE CELLULE ENDOTELIALI. GLI OMEGA-3:

    I DERIVATI DI EPA E DHA SONO MENO CONOSCIUTI E COMPETONO CON L’ AA IMPEDENDO LA CONVERSIONE DI QUEST’ULTIMO IN METABOLITI INFIAMMATORI. COME SAPPIAMO, LA SOVRAPPRODUZIONE DI PGE2 DAI MACROFAGI E DAI TESSUTI FACILITA LA CRESCITA E METASTATIZZAZIONE DI ALCUNI TUMORI E UNA ECCESSIVA PRODUZIONE DI LEUCOTRIENI PUO’ INDURRE INFIAMMAZIONE,ARTRITE, PSORIASI,COLITE ULCEROSA,ASMA, RINITE. UNA DIETA RICCA DI OMEGA-3 FA IN MODO CHE SI COMPETA CON L’ AA PER DIVERSI ASPETTI: ESSI INIBISCONO LA SINTESI DI AA A PARTIRE DA ACIDO LINOLEICO IN QUANTO L’ENZIMA DELTA 6 DESATURASI, COME DETTO, HA UNA MAGGIORE AFFINITA’ PER L’ACIDO LINOLENICO CHE PER L’AA; L’EPA E DHA COMPETONO CON L’AA COME SUBSTRATO PER L’ENZIMA CICLOOSSIGENASI PER LA SINTESI DEGLI EICOSANOIDI DELLA SERIE 3; IL TROMBOSSANO A3 E’ METABOLICAMENTE INATTIVO E LA PGI3 (PROSTACICLINA SERIE-3) PRESENTA UNA ATTIVITA’ VASODILATATRICE E ANTIAGGREGANTE COME PGI2. IL RISULTATO E’ UN CAMBIAMENTO DELL’EQUILIBRIO EMOSTATICO CON VASODILATAZIONE E ANTIAGGREGAZIONE PIASTRINICA. IN QUESTO MODO LA MANIPOLAZIONE DEI PUFA NELLA DIETA PUO’ ESSERE UTILE PER IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DEL SISTEMA IMMUNITARIO. SOTTO QUESTO ASPETTO , LA CAPACITA’ DEGLI OMEGA3 DI RIDURRE L’AA TISSUTALE E LA SINTESI DEGLI EICOSANOIDI PUO’ ESSERE BENEFICA. L’EPA NON SOLO RIDUCE SIGNIFICATIVAMENTE LA SINTESI DI PGI2 MA PORTA ALLA SINTESI DI PGI3 CHE POSSIEDE DEGLI EFFETTI ANCORA PIU’ POTENTI DI QUELLI DI PGI2. INOLTRE VIENE PRODOTTO, COME DETTO, IL TROMBOSSANO A3 (METABOLICAMENTE INATTIVO) E NON VIENE SINTETIZZATO DI CONSEGUENZA IL TROMBOSSANO A2 (L’AA E’ INIBITO) DETERMINANDO UN AUMENTO DEL TEMPO DI SANGUINAMENTO. PER QUANTO RIGUARDA I LEUCOTRIENI GLI EPA SOPPRIMONO LA FORMAZIONE DEI LEUCOTRIENI PROVENIENTI DALL’AA (LTB4) E FORMANO I PROPRI (LTB5) CHE SONO MOLTO MENO CHEMIOTATTICI DETERMINANDO UNA RIDUZIONE DELL’ADERENZA DEI NEUTROFILI ALLA PARETE ENDOTELIALE. PROSTAGLANDINE E TROMBOSSANI:

    DIVERSI TIPI DI PROSTAGLANDINE POSSONO AVERE EFFETTI DIVERSI SULLO STESSO ORGANO O CELLULE E LA STESSA PROSTACICLINA PUO’ AVERE EFFETTI DIVERSI SU ORGANI DIVERSI. LE PROSTAGLANDINE PGF2 E PGD2 SONO BRONCOCOSTRITTRICI E VASODILATATRICI IL CHE PUO’ CONTRIBUIRE ALL’INFIAMMAZIONE DELLE VIE RESPIRATORIE. LA PGE2 E’ ANCHE UN BRONCOCOSTRITTORE, MA E’ SOPRATTUTTO UN POTENTE VASODILATATORE CHE AUMENTA LA PERMEABILITA’ VASCOLARE INDOTTA DA ALTRE SOSTANZE COME I LEUCOTRIENI LTB4 E LTC4 O L’ISTAMINA. PERTANTO SVOLGE UN RUOLO FAVOREVOLE ALL’INFIAMMAZIONE. LA PGI2 (PROSTACICLINA) E’ UN POTENTE VASODILATATORE CAPACE DI INIBIRE L’AGGREGAZIONE PIASTRINICA SCATENATA DAL TXA2 (TROMBOSSANO A2).PERTANTO PREVIENE L’ADERENZA DI PIASTRINE E LEUCOCITI SULLE PARETI DEI VASI SANGUIGNI. AL CONTRARIO IL TXA2 E’ UN POTENTE BRONCO E VASOCOSTRITTORE E UN POTENTE INDUTTORE DELL’AGGREGAZIONE PIASTRINICA.L’EQUILIBRIO TRA TXA2 E PGI2 E’ IMPORTANTISSIMO PER MANTENERE L’OMEOSTASI PIASTRINICA E IL TONO VASCOLARE. UN DISEQUILIBRIO TRA I DUE A FAVORE DEL TXA2 PROMUOVE LO SVILUPPO DI ATEROSCLEROSI. L’ASPIRINA, PER ESEMPIO, PROVOCA UNO SQUILIBRIO SIMILE MA A FAVORE DI PGI2;INFATTI, L’ASPIRINA INIBISCE LA CICLOOSSIGENASI CHE SINTETIZZA IL TXA2 NELLE PIASTRINE E LA PGI2 SULL’ENDOTELIO. PERO’, MENTRE LE PIASTRINE NON POSSONO SINTETIZZARE PIU’ CICLOOSSIGENASI, LE CELLULE ENDOTELIALI POSSONO FARLO, RISTABILENDO LA SINTESI DI PGI2 ENTRO POCHI GIORNI. LEUCOTRIENI:

    NUMEROSE CELLULE ORIGINARIE DEL MIDOLLO OSSEO ( PIASTRINE, LEUCOCITI, NEUTROFILI,MONOCITI E MACROFAGI) CONTENGONO LIPOOSSIGENASI CHE CONVERTONO L’AA LIBERO IN DIVERSE SERIE DI LEUCOTRIENI COME L’ LTB4 CHE AUMENTA LA PERMEABILITA’ VASCOLARE E PROVOCA CHEMIOTASSI E AGGREGAZIONE DEI LEUCOCITI POLIMORFONUCLEATI SULLA SUPERFICIE DEL LETTO ENDOTELIALE DEI VASI SANGUIGNI. I CISTEINIL-LEUCOTRIENI COME LTC4,LTD4 E LTE4, SPECIALMENTE I PRIMI DUE, ESERCITANO UN POTENTE EFFETTO SUL SISTEMA RESPIRATORIO PROVOCANDO BRONCOCOSTRIZIONE, EDEMA E SECREZIONE DI MUCO. EPA E SPORT:

    ECCOCI ALLA PARTE SPORTIVA (FINALMENTE!!!). CI SONO INDIZI E STUDI CHE INDICANO UN’ ASSOCIAZIONE TRA L’EPA E L’AUMENTO DELLA VO2 MAX CON MIGLIORAMENTO DEL METABOLISMO DURANTE LA PRATICA DELLO SPORT AEROBICO. LA SPIEGAZIONE E’ DOVUTA ALL’AZIONE CHE EPA E DHA HANNO SULLE MEMBRANE CELLULARI. GLI EPA,INFATTI, CAUSANO NELLE MEMBRANE DEI GLOBULI ROSSI UNA DEFORMAZIONE CHE DETERMINA UN’ AZIONE FLUIDIFICANTE SULLA STRUTTURA DELLA MEMBRANA CELLULARE SENZA MODIFICARNE LA PERMEABILITA’ 2) VI E’ UN AUMENTO DELLA SENSIBILITA’ DEI RECETTORI ADRENERGICI ALLE CATECOLAMMINE CHE DI CONSEGUENZA STIMOLANO UNA MAGGIORE GLICOGENOLISI DURANTE LO STRESS…3) SI E’ VISTO CHE UN AUMENTO DI ASSUNZIONE DI OLIO DI PESCE AUMENTA L’ATTIVITA’ DELL’ENZIMA CARNITINTRANSFERASI, ENZIMA RESPONSABILE DEL TRASFERIMENTO DEGLI ACIDI GRASSI DAL CITOSOL AL MITOCONDRIO PORTANDO SICURAMENTE AL MIGLIORAMENTO DELLE PRESTAZIONI FISICHE DELL’ATLETA. IL DIPARTIMENTO DI FISIOLOGIA UMANA DELLA FACOLTA’ DI MEDICINA DI BARCELONA E IL CENTRO DI MEDICINA DELLO SPORT DI BARCELONA, IL DIPARTIMENTO TECNICO DI CASA SANTIVERI, HANNO REALIZZATO DEGLI STUDI SU EPA E DHA CON RISULTATI SODDISFACENTI. SI E’ DIMOSTRATO INFATTI, COME L’ASSUNZIONE DI ACIDI GRASSI OMEGA-3 AUMENTA LE PRESTAZIONI ATLETICHE IN QUANTO MIGLIORA L’ADATTAMENTO METABOLICO AL MASSIMO SFORZO (DIMINUZIONE DELLA CONCENTRAZIONE MASSIMA DI LATTATO) E UN MIGLIORAMENTO DELLE CAPACITA’ DI RECUPERO DURANTE ATTIVITA’ AEROBICA. IN CONCLUSIONE POSSIAMO DIRE CHE EPA E DHA MIGLIORA IL RENDIMENTO E PERFORMANCE NEGLI SPORT AEROBICI, INCREMENTANDO LA VO2 MAX E MIGLIORANDO IL METABOLISMO. LA BRITISH NUTRITION FOUNDATION AFFERMA CHE IL CONTRIBUTO CALORICO TOTALE ALLA DIETA DELLA POPOLAZIONE DOVREBBE ESSERE DEL 6% PER GLI OMEGA-6, L’1% PER L’ACIDO LINOLENICO (OMEGA-3) E 0,5% PER EPA E DHA. ESISTE COMUNQUE UN RISCHIO POTENZIALE NELLA SUPPLEMENTAZIONE DI OLIO DI PESCE CHE RIGUARDA IPERVITAMINOSI A E D, DEFICIT DI VITAMINA E, AUMENTO DEL TEMPO DI SANGUINAMENTO, DIMINUZIONE DELLE PIASTRINE E LORO POTERE DI AGGREGAZIONE OLTRE CHE PROBLEMI LEGATI ALL’INGESTIONE DI PESCI CONTAMINATI. SOLO L’INTEGRAZIONE DI QUANTITA’ MODERATE DI ACIDI GRASSI OMEGA-3 RISULTA RELATIVAMENTE ESENTE DA PERICOLI E I POSSIBILI EFFETTI AVVERSI INCLUDONO NAUSEA, DIARREA E RETROGUSTO DI PESCE. INTERAZIONE CON GLI ALTRI NUTRIENTI:

    E’ NECESSARIO MAGNESIO PER LA NORMALE DESATURAZIONE DEGLI EFA 2) E’ NECESSARIA ANCHE LA BIOTINA E LO ZINCO PER LA DESATURAZIONE 3) E’ NECESSARIA LA PIRIDOSSINA PER DESATURAZIONE E ALLUNGAMENTO NORMALE DEGLI EFA. 4) SONO NECESSARI ANCHE CALCIO, ACIDO ASCORBICO E NIACINA MENTRE POSSONO AVERE UN EFFETTO INIBITORIO SIA IL RAME CHE LA VITAMINA A. LE FONTI PRINCIPALI DEGLI ACIDI GRASSI ESSENZIALI OMEGA 6 SONO GLI OLI VEGETALI (PRIMULA E BORRAGINE) MENTRE PER GLI OMEGA 3 LA FONTE PRINCIPALE E’ DATA DAGLI OLI DI PESCE.

  • COS’E’ L’ANALISI BIVA(BIOELETRICAL IMPEDANCE VECTOR ANALYSIS)? A COSA SERVE? COSA CI PERMETTE DI SAPERE E VALUTARE?

    COS’E’ L’ANALISI BIVA(BIOELETRICAL IMPEDANCE VECTOR ANALYSIS)? A COSA SERVE? COSA CI PERMETTE DI SAPERE E VALUTARE?

    L’analisi vettoriale di impedenza tramite monogramma Biavector offre uno schema interpretativo immediato circa lo stato idrico e nutrizionale del soggetto. Numerosi studi hanno dimostrato che non esistono metodiche in grado di valutare in maniera precisa i vari componenti corporei quali la % di massa magra, grassa, idratazione ecc. Grazie ad un grafico esclusivo Biavector, si riesce a valutare direttamente e SENZA ERRORI lo stato di idratazione, quantità e qualità delle cellule all’interno di ogni tessuto. Conoscere la propria composizione corporea non significa solo conoscere il proprio peso ma ci permette di vedere in modo analitico ed oggettivo da cosa questo nostro corpo è composto (muscolo, grasso, acqua) e come queste componenti cambiano nel tempo. Bisogna innanzitutto spiegare che si tratta di un esame non invasivo ma sicuro e semplice. Basta infatti applicare 4 elettrodi adesivi al soggetto disteso su un lettino. E’ talmente sicuro che questo esame può essere tranquillamente effettuato a neonati, donne in gravidanza, anziani, ecc. Ma quali sono gli obiettivi di un esame BIA? 1) Identificare lo stato reale della composizione corporea all’inizio di un percorso nutrizionale che non si limita al solo peso corporeo ma che valuta in maniera precisa la quantità e qualità di liquidi, cellule e grasso dei quali il corpo è composto. 2) Modificare la normale alimentazione, controllare o correggere errori alimentari o squilibri metabolici. 3) Controllare l’equilibrio idro-elettrolitico, che è la base di partenza per migliorare vitalità, tonicità e forza muscolare. 4) Coprire tutti i fabbisogni energetici e nutrizionali. Ma cosa si intende per composizione corporea? Sappiamo che il peso dato dalla nostra bilancia è un dato spesso fuorviante e questo perché il nostro organismo è caratterizzato da diversi distretti corporei come ad esempio la nostra massa MAGRA (acqua, massa cellulare ed extracellulare) e massa Grassa. Sono le proporzioni di questi distretti a determinare nel tempo il nostro grado di benessere, nonché il rischio di malattia. Quello che noi vediamo nella bilancia non è altro che un modello BICOMPARTIMENTALE e cioè un modello che si suddivide in massa grassa (FM) e massa magra (FFM). Ovviamente non possiamo accontentarci di questo modello in quanto non ci permetterebbe di indagare meglio sulle singole componenti. Per questo motivo entra in gioco un secondo modello detto appunto TRICOMPARTIMETALE in quanto composto da massa magra e grassa che a sua volta sono suddivise in massa cellulare (BCM) e massa extracellulare (ECM) permettendone così l’analisi quantitativa e qualitativa. Se volessimo fare un paragone potremmo dire che la massa cellulare corrisponde al “motore” della nostra macchina, mentre la massa extracellulare il nostro telaio. All’interno di questo esame possiamo stimare anche il nostro METABOLISMO BASALE che unito al conteggio dell’attività lavorativa e sportiva porterà al calcolo del dispendio energetico giornaliero totale. Il test fornirà inoltre indicazioni precise sulla massa muscolare scheletrica ed appendicolare, sulla ritenzione idrica, sulla qualità delle membrane cellulari. Ulteriori parametri forniti saranno “nutrigam e hydragram”, angolo di fase standardizzato, indice di qualità muscolare, scambio sodio/potassio. 

    Tutti questi valori risulteranno decisamente utili per chi vorrà indagare sull’adeguatezza del proprio stile di vita alimentare e si dimostrerà indispensabile ed estremamente prezioso sia per lo sportivo che potrà valutare la qualità degli allenamenti, l’adeguata intensità e volume, rischi di sovrallenamento ma anche l’adeguato apporto energetico o carenze alimentari…che per il paziente affetto da patologie che potrà indagare gravità, concause ed indici prognostici nel decorso della malattia. Il primo esame ,quindi, ci darà un’istantanea sullo stato di salute, nutrizione ed idratazione dell’organismo, uno stato stazionario, ma ripetuto nel tempo ad intervalli più o meno regolari permette di tracciare le variazioni, ovvero l’evoluzione dello stato nutrizionale che naturalmente rispecchia lo stato di salute, con effetti preventivi annessi. Concludiamo affermando che l’analisi BIVA ha anche un valore prognostico e supportato da letteratura scientifica per Patologie renali e dialisi, Cancro, Hiv, Sclerosi amiotrofica laterale, Anoressia nervosa, Stato nutrizionale nel bambino e nell’anziano, Riabilitazione.

  • RACCOMANADAZIONI NUTRIZIONALI PER IL NATURAL BODYBUILDER

    RACCOMANADAZIONI NUTRIZIONALI PER IL NATURAL BODYBUILDER

    Nell’attività agonistica di un bodybuilder, gli atleti vengono giudicati in base ad alcuni fondamentali parametri quali la dimensione del muscolo, l’assenza di grasso corporeo, la proporzione fra i muscoli ecc. Per ottenere tutto questo, gli atleti devono perdere massa grassa attraverso specifici regimi alimentari cercando di mantenere il più possibile la massa magra (LBM). Un bodybuilder può essere pronto per una competizione quando riesce a mettere in pratica una combinazione di eventi tra i quali l’esercizio cardiovascolare, restrizione calorica,integrazione, e altre varie strategie che gli permetteranno di raggiungere l’obiettivo prefissato. Di solito, i culturisti si preparano per una gara seguendo diete scritte di proprio pugno o dagli allenatori e spesso sono composte da regimi restrittivi e ripetitivi con l’unico scopo di fornire quantità specifiche di carboidrati, proteine e grassi. Si sa che ogni kg di grasso corporeo puro che viene ossidato rilascia 3500 kcal per cui per poter perdere 1 kg di grasso corporeo a settimana bisogna perdere 500 kcal al giorno. Per questo motivo la perdita di grasso corporeo dovrebbe avvenire in tempi non ristretti. Quando diminuisce la disponibilità di t. adiposo aumenta la probabilità di perdita di massa magra. Pertanto, potrebbe essere necessario un approccio più graduale per quel che concerne la perdita di peso per evitare nello stesso tempo una perdita di massa magra (LBM). Durante il periodo di preparazione alla gara è necessario un consumo adeguato di proteine. Maestu et al. hanno evidenziato come l’assunzione di una giusta quantità di proteine possa diminuire la perdita di muscolo. Diversi studi sono stati effettuati per suggerire un giusto quantitativo proteico come quello effettuato da Philips et Van Loon che indicano un apporto proteico fino a 2,7 gr/kg/die per atleti che si trovano in condizioni ipocaloriche. Tuttavia, Helms et al. suggeriscono un intervallo di assunzione proteica più esteso. Gli autori, inoltre, affermano che più basso è il contenuto di grasso corporeo di un atleta, maggiore deve essere il deficit calorico e pertanto anche l’assunzione di proteine deve essere altrettanto grande. Quali sono in definitiva le percentuali dei vari macronutrienti negli atleti che concorrono per una gara natural? Per quel che riguarda i Carboidrati, le raccomandazioni in gr vanno fino ad un massimo di 7 gr/kg/die di massa magra. E’ stato visto come 10 min di esercizio isometrico al 20% della contrazione massima volontaria per 10 sec, con intervalli di 10 sec, possono esaurire in maniera importante il glicogeno muscolare delle fibre di tipo 1: un adeguato apporto di carboidrati durante la preparazione alla gara per mantenere il glicogeno muscolare, risulta essere fondamentale e tenuto fortemente in considerazione dal natural bodybuilder. Le diete povere di carboidrati contribuiscono si ad una perdita di peso ma possono causare anche una sproporzionata perdita di massa magra. Un esempio di ciò che è stato appena menzionato deriva da uno studio di Robinson et al. in cui a seguito di una dieta povera di carboidrati, gli atleti hanno perso il 43% della loro massa magra. Al contrario diete ad alto contenuto di carboidrati ha fatto si che gli atleti perdessero una minore percentuale di massa magra corrispondente cioè al 21-32%. Evidentemente si pensa che potrebbe esserci una soglia per l’assunzione dei carboidrati al di la della quale c’è un maggior tasso di perdita di LBM indipendentemente dall’assunzione di proteine o allenamento. In conclusione possiamo affermare che diete ad alto contenuto di carboidrati sono generalmente considerate essenziali per le prestazioni atletiche. Ovviamente, come per le proteine, l’assunzione di carboidrati deve essere personalizzato per l’individuo. Carboidrati inadeguati possono compromettere l’allenamento di forza mentre un consumo adeguato può ridurre l’esaurimento del glicogeno e può quindi migliorare le prestazioni. Mentre si sa che l’allenamento e l’attività di resistenza utilizza glicogeno come principale fonte energetica, per gli atleti di forza la % di carboidrati è minore rispetto agli atleti di sport misti e di resistenza a causa di un minor dispendio energetico. A causa di ciò molti studi, come già detto, sono concordi nell’affermare che la concentrazione di carboidrati per gli atleti di forza deve andare da 4 a 7 gr/kg a seconda della fase di allenamento. Per i bodybuilder che si preparano alla gara non converrebbe andare oltre queste percentuali. In un confronto tra due diete ipocaloriche nei bodybuilder si è dimostrato come una dieta con adeguati carboidrati a scapito delle proteine (1gr/Kg) ha comportato una maggiore perdita di LBM rispetto ad una dieta in cui la % di proteine era superiore (1,6 gr/kg). In un altro recente studio condotto su atleti, è stato dimostrato come i professionisti che hanno assunto la stessa quantità di proteine (1,6 gr/kg) e adeguati carboidrati durante la fase ipocalorica, la massa magra e le prestazioni atletiche non hanno subito diminuzioni, mentre il grasso corporeo si è ridotto. Addirittura Mettler et al. hanno visto che una riduzione calorica a scapito dei grassi,con carboidrati adeguati e un maggior apporto di proteine, non solo ha mantenuto le prestazioni ma ha anche quasi eliminato la perdita di massa magra. Possiamo affermare quindi, che quando un professionista bodybuilder ha raggiunto o quasi il livello di magrezza desiderato, potrebbe ridurre il suo deficit calorico aumentando i carboidrati e riducendo magari le sue calorie di 100-200 kcal nel tentativo di mantenere non solo le sue prestazioni quanto la sua massa magra. Per quanto riguarda le proteine l’assunzione raccomandata è quella che ci porta ad un max di 3,5 gr/kg/die. Le diete ad alto contenuto proteico sono note per far risparmiare LBM durante periodi di deficit energetico, per mantenere l’equilibrio dell’azoto e per stimolare la sintesi proteica (MPS). Le proteine sono considerate macronutrienti sazianti e con il più grande effetto termogenico tra i vari macronutrienti. Circa il 20-30% dell’energia netta viene consumata attraverso termogenesi indotta dalla digestione delle proteine; infatti, questo ulteriore effetto termico può contribuire ad una ulteriore perdita di peso. Allo scopo di massimizzare la risposta anabolica bisogna evitare di fare mangiate ravvicinate; in pratica significherebbe consumare almeno 30-40 gr di proteine di alta qualità per pasto. Una recente recensione di Phillips e Van Loon raccomanda di consumare il proprio fabbisogno proteico giornaliero nel corso di 3-4 pasti isonitrogenici al giorno al fine di massimizzare la risposta anabolica acuta per pasto e quindi il tasso di guadagno muscolare. Circa 3 gr di Leucina per pasto, servono a saturare la via di segnalazione di mTOR e innescare sintesi proteica. Se i carboidrati servono per alimentare le prestazioni e le proteine per costruire il muscolo, i Grassi devono essere mantenuti entro una certa soglia. Tuttavia ci sono prove e studi in cui il grasso nelle diete influenza la concentrazione degli ormoni anabolici di grande interesse per i bodybuilder che tentano di mantenere la massa magra attraverso la dieta. Infatti una riduzione dei grassi, da un 40 a un 20% ha portato ad una riduzione dei livelli di testosterone. Tuttavia, il calo di questo ormone può essere attenuato attraverso l’assunzione nella dieta di una maggiore concentrazione di grassi saturi. Altri studi hanno invece affermato che un calo di testosterone non inficia la riduzione della LBM. Si è visto anche che la diminuzione di testosterone è legata maggiormente al deficit calorico e alla perdita di peso piuttosto che al calo del testosterone dovuto ad una diminuzione di grasso ingerito attraverso la dieta. Non per caso disturbi ormonali come l’Amenorrea atletica, è dovuta ai bassi se non bassissimi livelli energetici giornalieri. Nonostante ci siano studi convincenti sulla utilizzazione di grassi compresi fra il 20 e il 30% per ottimizzare i livelli di testosterone nei bodybuilder/atleti di forza, in alcuni casi questa percentuale potrebbe non essere veritiera in un contesto di restrizione calorica senza compromettere una sufficiente quantità di proteine e carboidrati. Considerando che le diete low carb diminuiscono le prestazioni e portano ad una diminuzione di Insulina e IGF-1 (ormoni che sembrano essere correlati alla conservazione della massa magra rispetto al testosterone), è stato ritenuto importante per gli atleti mantenere più alti i carboidrati e portare la percentuale dei grassi al 15-20%.

  • GLUTAMMINA, STRESS METABOLICO E SISTEMA IMMUNITARIO

    GLUTAMMINA, STRESS METABOLICO E SISTEMA IMMUNITARIO

    La Glutammina è l’amminoacido più abbondante sia nel muscolo che nel plasma, tanto da rappresentare il 50-60% degli amminoacidi totali liberi nel pool del muscolo scheletrico. Per questo motivo, e soprattutto per le sue innumerevoli ed indispensabili funzioni, viene definito come un AMMINOACIDO CONDIZIONATAMENTE ESSENZIALE. Una di queste funzioni è quella di detossificare l’organismo dalla presenza dell’ammoniaca (altamente tossica) formata sia dalla degradazione di alcune proteine presenti a livello intestinale, sia dal metabolismo proteico tessutale sia, come vedremo, dalla deamminazione di altri composti azotati come l’Adenina. La glutammina viene sintetizzata dall’amminoacido glutammato, grazie all’azione della glutammina sintasi, enzima che catalizza il trasporto dell’ammonio al glutammato con idrolisi di una molecola di ATP. Gli organi maggiormente produttori di glutammina sono il Cervello (a causa dell’effetto tossico dell’ammoniaca sulle cellule nervose), i Reni (la glutammina, in condizioni di acidosi metabolica, cede i suoi due gruppi azotati trasformandosi prima in glutammato e poi in alfa chetoglutarato e producendo ammoniaca escreta con le urine), il Muscolo Scheletrico (a partire dagli amminoacidi ramificati) e probabilmente anche il Tessuto Adiposo. Gli organi di maggior consumo, invece, sono il fegato (ciclo dell’urea), l’intestino (formazione di Purine) e le cellule del sistema immunitario. A livello clinico la glutammina viene utilizzata in tutti quei casi di aumentato fabbisogno come sepsi, traumatismo grave e nelle quali esiste un gran movimento cellulare di questo amminoacido dalle sue riserve muscolari. Il deposito più importante di glutammina è il muscolo scheletrico (tessuto che dispone dell’enzima glutamminasi). Gli effetti dell’esercizio sul metabolismo della glutammina ancora non sono ben chiari. Esistono studi che dimostrano un aumento di glutammina plasmatica durante esercizi di alta intensità, altri – come quelli dimostrati da Rennie et al. – che smentiscono i precedenti risultati dimostrando invece una diminuzione sia durante che dopo un esercizio prolungato. Ancora, Parry-Billings et al. indicano una riduzione dei livelli di glutammina nel plasma da 592 micromol./L (pre-competizione) a 495 micromol./L (post competizione), quando si realizza una maratona. La maggioranza dei ricercatori segnalano una diminuzione plasmatica della glutammina quando si realizza un allenamento intenso e prolungato nel tempo. E’ noto che l’esercizio prolungato causa un aumento del cortisolo nel plasma che stimola il catabolismo muscolare, la liberazione di glutammina e la gluconeogenesi. Questo potrebbe spiegare l’abbassamento in concentrazione nel plasma di questo amminoacido osservato sia durante che dopo l’esercizio prolungato ed intenso. Infatti, sappiamo, che quando il glicogeno epatico e muscolare scarseggia, aumenta la gluconeogenesi epatica, che può determinare una riduzione importante di questo amminoacido. Cosa può comportare un abbassamento della glutammina plasmatica? Poiché la glutammina ha un effetto benefico sul sistema immunitario e poiché l’attività fisica intensa influisce direttamente sulla disponibilità di glutammina per i leucociti, gli atleti inclusi in programmi di intenso allenamento paiono essere più suscettibili alle infezioni. D’altra parta però è noto che esercizi di intensità moderata sono benefici per la funzione immunitaria. In molti studi è stato dimostrato che quando l’attività fisica supera il 70% del VO2max ha un’influenza negativa sul sistema immunitario. Inoltre la composizione plasmatica dei linfociti si modifica in base all’intensità dell’attività fisica. Si riducono anche la sintesi degli anticorpi e la concentrazione plasmatica delle immunoglobuline di tipo G. Blaninin et al. dimostrarono cambiamenti del numero di leucociti nell’esercizio in funzione dell’intensità dello stesso. Anche la funzione dei neutrofili si riduce durante il recupero di un’attività svolta al 70% della Vo2max. Tuttavia l’eziologia e i meccanismi dell’immunosoppressione nello sport non sono completamente conosciuti. La glutammina, quindi, anche se non rappresenta un amminoacido essenziale in quanto prodotto dal nostro organismo, è necessario a molte funzioni immunitarie cosi come la proliferazione dei linfociti e la fagocitosi dei macrofagi. Studi effettuati da Parry-Billings hanno dimostrato come una pratica sportiva regolare ma ad intensità elevata, sia responsabile di una riduzione della concentrazione di glutammina, fatto che contribuirebbe a spiegare gli effetti negativi sul sistema immunitario. Varie sono state le ipotesi inerenti ad una possibile spiegazione di questo abbassamento. La riduzione dei livelli plasmatici di glutammina può essere spiegata attraverso una maggiore richiesta dell’organismo oppure può essere causata da una alterata produzione e/o alterazione del trasporto. Un’altra causa, come già spiegato in precedenza, potrebbe essere l’aumento di cortisolo nel plasma dovuto ad un’attività intensa e prolungata nel tempo. Questo ormone di conseguenza andrebbe ad attivare il meccanismo della gluconeogenesi con catabolismo del muscolo scheletrico e liberazione di glutammina che verrà successivamente trasformata in glucosio epatico. In definitiva possiamo concludere che la glutammina è un amminoacido che agisce sul sistema immunitario e abbonda nel muscolo scheletrico. Il deficit di questo amminoacido può provocare la riduzione delle difese immunitarie nell’atleta. A conferma di ciò, studi epidemiologici sull’incidenza delle comuni infezioni in atleti e soggetti che non praticano sport alcuno, hanno dimostrato una maggiore suscettibilità alle infezioni in atleti che si allenano molto duramente e intensamente in sport di resistenza. Gli atleti inclusi in programmi di intenso allenamento paiono essere più suscettibili alle infezioni. Infatti la glutammina è un amminoacido utilizzato da tutte le cellule con elevata proliferazione cellulare come i Fibroblasti, Linfociti e cellule dell’Epitelio Intestinale, attraverso il suo ruolo nella sintesi dei nucleotidi. Le cellule della mucosa intestinale utilizzano spesso la glutammina sia per effettuare la sintesi proteica ma anche come substrato energetico. Le ragioni dalla somministrazione della glutammina nei pazienti oncologici sono controverse. Se da un lato possono promuovere la crescita tumorale, dall’altro producono effetti benefici come il mantenimento della massa muscolare, il miglioramento del sistema immunitario e l’ottimizzazione della funzionalità digerente. Concludiamo dicendo che una supplementazione con glutammina può essere giustificata in circostanze di stress metabolico e puo’ essere indicata anche in pazienti oncologici.

  • EFFETTI DEGLI AMMINOACIDI RAMIFICATI SUL RENDIMENTO SPORTIVO

    EFFETTI DEGLI AMMINOACIDI RAMIFICATI SUL RENDIMENTO SPORTIVO

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    Cosa sono gli amminoacidi ramificati o BCAA? I ramificati sono degli aa essenziali (amminoacidi che non possono essere prodotti dal nostro organismo, ma assunti solo tramite dieta) e sono rappresentati dalla Leucina, Isoleucina e Valina. Poiché a differenza degli altri essenziali non possono essere degradati nel fegato (la concentrazione nel tessuto epatico degli enzimi responsabili della loro degradazione è molto bassa), questi AAR vengono veicolati nei tessuti extra-epatici e in maniera particolare nel muscolo scheletrico. Qui possono essere ossidati almeno 6 amminoacidi: Alanina, Aspartato, Leucina, Valina, Isoleucina e Glutammato. L’ossidazione completa di una mole di leucina, isoleucina e valina produce rispettivamente 43, 42 e 32 moli di ATP. E’ stato anche stimato che gli amminoacidi possono contribuire tra un 3 ed un 18% al totale della spesa energetica richiesta da un esercizio prolungato. L’alanina è l’unico amminoacido che viene liberato dal muscolo sia in condizione di riposo che durante l’attività fisica; il suo destino principale è quello di essere fonte di glucosio nel fegato. All’interno del muscolo scheletrico, infatti, gli AAR trasferiscono il loro gruppo amminico sia al Piruvato che per due volte all’ Alfa-Chetoglutarato per formare rispettivamente sia Alanina che Glutammina. Entrambi gli aa rappresentano il 60-80% degli aa muscolari. Esaminando il flusso degli aa tra i vari tessuti, si osserva come gli aa ramificati vengano catturati dal fegato e come durante l’attività fisica questo effetto sia potenziato, notando come la loro concentrazione non aumenta né nel plasma e né nel muscolo. Ciò suggerisce come quest’ultimo sia il responsabile della clearance ematica e della loro successiva ossidazione. La presenza di questi AAR risulta essere molto importante, e quando la loro quantità con la dieta risulta essere insufficiente, la stessa BIOSINTESI PROTEICA risulta alterata con conseguente aumento della degradazione delle proteine. Questa degradazione fa sì che il contenuto proteico dell’organismo diminuisce, dettando così una diminuzione della forza o della resistenza, fenomeni che potrebbero ripercuotersi anche nella salute. Gli studi effettuati sugli effetti di una supplementazione con AAR è meno chiara e controversa. Esistono studi che dimostrano una riduzione della concentrazione di lattato nel sangue e nel muscolo dopo l’ingestione di amminoacidi ramificati ma, viceversa, esistono altri studi che smentiscono un tale effetto come quello portato avanti da Vukovich et al. i quali hanno concluso che l’ingestione di aa ramificati, glutammina e L-carnitina a basse dosi per 7 giorni, non migliorava né l’attività fisica né riduceva l’accumulo di lattato nel sangue. Nemmeno la somministrazione di BCAA durante l’allenamento , per 6 settimane, mostra grandi miglioramenti sia per gli allenamenti di resistenza prolungata, che per gli sprint. Studi recenti in doppio cieco con infusione da 20 a 70 min prima di un test al cicloergometro, non hanno evidenziato alcun effetto. Inoltre dosi molto elevate di BCAA possono incrementare i livelli di ammoniaca e produrre effetti tossici o alterare l’assorbimento intestinale di acqua. Infine, esiste il rischio in via del tutto ipotetica che aumenti in eccesso il rapporto tra AAR ed amminoacidi aromatici, con alterazione nella sintesi dei neurotrasmettitori. In conclusione, possiamo affermare che non è stato ancora dimostrato che la supplementazione con amminoacidi ramificati migliori il rendimento.

  • ALIMENTAZIONE VEGETARIANA E SPORT

    ALIMENTAZIONE VEGETARIANA E SPORT

    L’American Dietetic Association del 2009, afferma che le diete vegetariane correttamente bilanciate sono salutari, adeguate da un punto di vista nutrizionale in ogni epoca della vita e anche per gli atleti; inoltre danno notevoli benefici sia per la salute che per la prevenzione di numerose patologie.Lo stile vegano e quello latto-ovo-vegetariano sono quelli più frequentemente adottati: i vegani consumano esclusivamente alimenti vegetali per coprire il loro fabbisogno energetico-nutrizionale, mentre i latto-ovo-vegetariani vi accostano consumi di uova, latte e derivati. Studi condotti in tutto il mondo e pubblicati in letteratura medico-scientifica internazionale hanno preso in considerazione gli aspetti più critici per i vegetariani in relazione al rischio nutrizionale: fra questi troviamo l’adeguatezza dell’apporto energetico, la copertura dei fabbisogni di ferro, calcio, zinco e ,per i vegani, della vitamina B12. I risultati ottenuti hanno dimostrato che sebbene i vegetariani assumano un elevata quantità’ di fibra che ostacola l’assorbimento dei principi alimentari, la copertura del fabbisogno energetico è comunque assicurata tramite sia un maggior numero di pasti che dalla maggiore quantità di cibi ad elevata densità nutrizionale. Anche le necessità proteiche sono soddisfatte e forniscono tutti gli amminoacidi essenziali necessari, a patto che venga soddisfatto il fabbisogno energetico al fine di migliorare lo stato di salute degli atleti. L’aumentata assunzione di legumi e cereali ad alto contenuto di fitati limita nei vegetariani disponibilità e assorbimento del ferro , con possibili ricadute sul livello di emoglobina e conseguentemente sulla performance dell’atleta. Tuttavia, una recente metanalisi condotta su 15 studi che hanno indagato concentrazione e depositi di Ferro in vegetariani e onnivori non ha evidenziato differenze significative fai due gruppi in esame. La minore disponibilità di ferro a partire da fonti vegetali raccomanda, per i vegetariani, di rispettare quantità di assunzione di ferro pari a 1,8 volte quelle dei non-vegetariani. Nei vegani i consumi e gli introiti di Calcio tendono ad essere più bassi e spesso al di sotto delle quantità raccomandate. Invece, l’assunzione di Calcio nei Latto-ovo vegetariani risulta essere comparabile o addirittura superiore a quelli dei non vegetariani. Il rapporto calcio/proteine della dieta, più che la sola assunzione di calcio, è predittivo dello stato di salute dell’osso: tale rapporto risulta elevato nelle diete latto-ovo-vegetariane, favorendo una adeguata mineralizzazione ossea. La vitamina B12, non è presente nei cibi vegetali se non in minima quantità, in alcune alghe, che tuttavia contengono analoghi inattivi e potenzialmente dotati di un antagonismo di azione con la vitamina B12 vera. Per questo motivo ai vegani è consigliato di assumere, attraverso l’utilizzo di integratori vitaminici o cibi addizionali, tale vitamina. Al contrario i latto-ovo-vegetariani sono in grado di ricavare adeguate quantità di vitamina B12 a partire da latte, uova e derivati, ma questo dipende dalle quantità assunte.

  • INTEGRAZIONE E SPORT

    INTEGRAZIONE E SPORT

    VITAMINA “E” E SPORT

    Anche se recenti studi dimostrano che la vitamina E ha un effetto limitato come aiuto ergogenico, in individui allenati è stato invece dimostrato che suddetta vitamina ha effetti benefici sulla funzione fisica quando l’atleta si sta allenando in quota. Recenti studi “Simon-Schnass e Past”  hanno evidenziato come la vitamina E mostra alcuni effetti ergogenici in condizioni di bassa pressione parziale di ossigeno (p02); l’effetto sembra essere dovuto alla sua attività antiossidante. Tuttavia tutti questi studi sono stati effettuati senza prendere in considerazione la reale concentrazione della vitamina E nei soggetti partecipanti. Questo è un elemento importante dato che le assunzioni di grassi in questi atleti è basso (prediligendo diete a base di carboidrati). Ricordiamoci che la vitamina E è una vitamina liposolubile e che il suo assorbimento in queste condizioni è basso. Nonostante questo, l’attenzione sulla vitamina E si sposta sulla sua funzione antiossidante. L’esercizio aumenta i livelli di catecolammine e la produzione di acido lattico, genera un elevato livello di ossidazione dell’emoglobina, l’ipossia transitoria e la riossigenazione che si generano nei muscoli e nelle articolazioni durante l’attività fisica, generano in maniera acuta una grande quantità di radicali liberi amplificato dall’attivazione dei Macrofagi che, da una parte cercano di riparare il tessuto muscolare danneggiato durante e dopo l’esercizio, dall’altro  aumentano questa condizione di stress ossidativo. Vi sono evidenze che mostrano come l’azione dei radicali liberi sul muscolo scheletrico siano alquanto negativi. La vitamina E protegge la muscolatura dalle tipiche lesioni che si generano durante l’esercizio intenso e prolungato. Ma quando si verificano le lesioni ossidative in oggetto? Ciò avviene quando lo stress ossidativo supera il sistema di difesa costituito dagli Antiossidanti (superossido-dismutasi, catalasi, glutatione-perossidasi oltre appunto le Vitamine antiossidanti). I radicali liberi possono danneggiare tutte le componenti del corpo umano, comprese le proteine, acidi nucleici, e lipidi. La perossidazione lipidica,inoltre, è legata ad alcune malattie degenerative. Alcuni di questi studi furono effettuati da Lovlin et al. in cui venne valutata la relazione fra l’esercizio intenso e la perossidazione lipidica. Negli sport di resistenza come per esempio il TRIATHLON, la formazione di radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno sono molto elevate. Altri studi hanno esaminato l’efficacia della vitamina E durante l’esercizio fisico intenso. Kawai et al. hanno segnalato il significativo aumento dei livelli sierici di alfa-tocoferolo ed eritrociti dopo una gara di triathlon. La vitamina E si trova naturalmente nei semi (soia,arachide,mais), oli vegetali (olio di germe di grano, olio di girasole) e verdure verdi (insalate,spinaci,cavolo). Si ipotizza che l’alfa tocoferolo venga rilasciato dal tessuto adiposo e dal fegato durante l’esercizio fisico prolungato. Anche durante l’esecuzione di esercizi di breve durata vi è una mobilitazione di vitamina E nel sangue. E’ possibile che il rilascio di vitamina E nel sangue sia un effetto di prevenzione del nostro corpo al danno ossidativo indotto dall’esercizio fisico. Altro effetto importante di suddetta vitamina, è la riduzione del rischio di malattie coronarie data dall’ossidazione delle lipoproteine LDL a bassa densita’ da parte dei radicali liberi formati in eccesso durante l’attivita’. Quesada et al. hanno studiato l’effetto di una attività fisica intensa e prolungata notando una produzione elevata di radicali liberi e ROS con conseguenze sfavorevoli sul metabolismo delle LDL. Ciononostante  le LDL si ossidano in maniera minore negli atleti ben allenati che nei sedentari. Inoltre si è osservato che gli atleti presentano maggiori quantità di alfa tocoferolo nel plasma. A questo punto possiamo capire come la SOMMINISTRAZIONE DI VITAMINA E serva per ridurre anche l’ossidazione delle LDL e prevenire la produzione di LDL OSSIDATE durante la pratica sportiva. In conclusione possiamo affermare che bisogna stabilire una giusta integrazione e quantita’ minima di vitamina E per prevenire  non solo l’ossidazione delle LDL ma anche  eventuali danni nei confronti degli acidi nucleici e delle proteine.